La Cassazione sezione 1 con la sentenza numero 47388/2024 ha risolto un conflitto di competenza tra il Tribunale di Roma e la Corte di appello di Roma a provvedere sull’opposizione al decreto di liquidazione emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma, proposta dall’amministratore giudiziario e custode di beni in sequestro.
La Suprema Corte ha rilevato che le norme da applicare alla liquidazione dei compensi ai custodi di beni sottoposti a sequestro preventivo in ambito di procedimento penale, che conduce alla competenza del Tribunale di Roma, rectius del Presidente di detto Tribunale, quale capo dell’ufficio giudiziario, in relazione ai ricorsi in opposizione a decreti di liquidazione di detti compensi, è senza dubbio condivisibile, in quanto tiene conto sia del dato letterale della norma che di ragioni logico-sistematiche.
Quanto al primo profilo, si osserva che: – a seguito dell’intervento normativo di cui all’art. 373, comma 1, lett. a) d. Igs. 12 gennaio 2019, n. 14, l’attuale testo dell’art. 104-bis, comma 1 -bis, disp. att. cod. proc. pen., che disciplina l’amministrazione dei beni sottoposti a sequestro preventivo, prevede che si applicano le disposizioni di cui al libro I, titolo III, del codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 e successive modificazioni, nella parte in cui recano la disciplina della nomina e revoca dell’amministratore, dei compiti, degli obblighi dello stesso e della gestione dei beni e che, quando il sequestro è disposto ai sensi dell’art. 321, comma 2, del codice, ai fini della tutela dei terzi e nei rapporti con la procedura di liquidazione giudiziaria si applicano, altresì, le disposizioni di cui al titolo IV del libro I del citato decreto legislativo; – pertanto, il richiamo alle disposizioni di cui al libro I titolo III del codice di cui al decreto legislativo n. 159 e successive modificazioni è espressamente limitato alle disposizioni sulla nomina e revoca dell’amministratore, sui compiti e gli obblighi dello stesso e sulla gestione dei beni e non riguarda anche la disciplina delle spese, dei compensi e dei rimborsi dettata dall’art. 42 stesso decreto legislativo, ivi compresa quella relativa alla competenza della Corte di appello sull’eventuale ricorso in opposizione.
Quanto all’ulteriore profilo (della lettura logico-sistematica delle norme), rileva la Corte territoriale che la disciplina prevista dall’art. 42 d. Igs. 6 settembre 2011, n. 159 è specifica per il procedimento di prevenzione, prevedendosi al comma 4, per le liquidazioni nell’ambito di detto procedimento, il decreto motivato del tribunale su relazione del giudice delegato, al comma 5 l’effettuazione delle stesse prima della redazione del conto finale, al comma 6 la concessione di acconti da parte del tribunale sul compenso finale, su richiesta dell’amministratore giudiziario e sentito il giudice delegato, e al comma 6 la comunicazione dei provvedimenti di liquidazione o di rimborso all’amministratore giudiziario mediante deposito del decreto alla cancelleria e all’Agenzia per via telematica.
Osserva, sempre detta Corte, che nel contesto di tale disciplina, coerentemente, l’art. 42 comma 7 stabilisce che a decidere sul ricorso dell’amministratore giudiziario avverso il decreto che dispone il rimborso o la liquidazione sia la Corte di appello, ovvero il giudice di grado superiore deputato a sindacare i provvedimenti del Tribunale in materia di misure di prevenzione.
La Corte di appello di Roma evidenzia che: – invece, nel caso dell’amministrazione giudiziaria dei beni sottoposti a sequestro preventivo, come disposto dall’art. 104-bis, comma 1-ter disp. att. cod. proc. pen., i compiti del giudice delegato alla procedura sono svolti nel corso di tutto il procedimento dal giudice che ha emesso il decreto di sequestro ovvero, nel caso di provvedimento emesso da organo collegiale, dal giudice delegato; – ciò comporta che, come ribadito anche più volte in sede giurisprudenziale, resta ferma la competenza del giudice che ha emesso il sequestro a provvedere, anche durante la pendenza del processo e indipendentemente dagli sviluppi processuali, sulle questioni attinenti alle modifiche al regime di amministrazione o al pagamento dei consensi all’amministratore giudiziario; – non è dunque certamente applicabile, in caso di amministrazione giudiziaria di beni sottoposti a sequestro preventivo, l’art. 42, comma 4, d. Ig. 6 settembre 2011, n. 159, che prevede la competenza del tribunale, su relazione del giudice delegato, a provvedere alla liquidazione del compenso; – nel contesto di tale disciplina diversa applicabile in caso di amministrazione giudiziaria di beni sottoposti a sequestro preventivo, sarebbe evidentemente priva di una spiegazione logica la previsione di una competenza della Corte di appello a decidere sull’impugnazione da parte dell’amministratore giudiziario del decreto di liquidazione e, quindi, l’applicabilità dell’art. 42, comma 7, del suddetto decreto legislativo.
E correttamente la Corte territoriale conclude per l’applicabilità nel caso concreto, in assenza di una disciplina speciale derogatoria, della previsione generale dettata dal combinato disposto degli artt. 170 d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 e 15 d. Igs. 1 settembre 2011, n. 150 per le opposizioni al decreto di pagamento emesso in favore dell’ausiliario del giudice, in virtù della quale il ricorso va presentato al capo dell’ufficio giudiziario cui appartiene il magistrato che ha emesso il provvedimento impugnato e deciso con un procedimento semplificato di cognizione che si conclude con ordinanza inappellabile.
Deve, pertanto, essere dichiarata la competenza del Presidente del Tribunale di Roma, quale capo dell’ufficio giudiziario cui appartiene il G.i.p. che ha emesso il decreto di liquidazione opposto, al quale vanno trasmessi gli atti.
