Il dubbio di un PM e la speranza nel giusto processo (Francesco Buonomini)

Ha fatto notizia, ovviamente non oltre l’alveo degli addetti ai lavori, l’articolo del Dubbio che pubblicava la lettera del sostituto procuratore di Catania Fabio Regolo ai legali degli indagati in un‘inchiesta che aveva coinvolto medici.

In tale missiva il Pm spiega di aver ritenuto doveroso comunicarvi di persona che ho appena depositato la richiesta di archiviazione. Il Giudice dirà se la scelta effettuata è giusta o è sbagliata, se è completa o parziale. I vostri assistiti forse saranno gli unici a conoscere la verità vera, noi dobbiamo attenerci alla verità che emerge dagli elementi di fatto acquisiti.

Il rappresentante dell’accusa ci tiene a spiegare che, dopo aver riflettuto in modo laico, senza ragionare in termini di “vittoria” o “sconfitta”, sugli elementi di fatto presenti nel fascicolo (e solo su quelli) avendo in mente la cultura della prova, cercando, anche in una vicenda delicata, di non dimenticare mai l’imperativo morale che facendo leva sull’art. 358 c.p.p. ci esorta ad essere pm che ragionano come un Giudice, pm aperti al dubbio sull’innocenza dell’indagato, che valuta le prove con lo stesso atteggiamento di terzietà del Giudice e che quindi cerca la verità con prudenza del giudizio insieme a tutti gli altri protagonisti del processo e prima ancora del procedimento.

Il Dott. Regolo in conclusione si scusa anche per la lunghezza del suo scritto che spera non venga considerato fuori luogo ma solo dettato dalla necessità di voler rendere conto di quello che si fa e di quello che non si fa – aspetto che resta per me fondamentale del nostro agire vissuto come servizio – ed un modo per conservare un minimo di rapporto umano sia pure nel rispetto sacrosanto dei distinti ruoli da ciascuno di noi ricoperti.

Il ragionamento condotto dal Pubblico ministero prende le mosse dalla nitida laica distinzione tra verità sostanziale e verità processuale ed è intriso di quel rispetto fondamentale dei ruoli e delle funzioni che troppo spesso manca nella prassi giudiziaria.

Assistiamo, infatti, piuttosto a Giudici che ragionano come PM e quindi l’invito a ragionare come i primi rischia allo stato attuale di ingenerare un corto circuito nel sistema. Del resto, lo stesso autore della lettera è consapevole che un Gip potrà non condividere la sua decisione di non esercitare l’azione penale ed imporgli l’imputazione coatta. 

Da non sottovalutare è comunque il valore iconico dell’episodio che alimenta la speranza che finalmente ed effettivamente accusa e difesa possano operino su un piano di parità di armi in ossequio ai principi costituzionali sanciti dall’art. 111 Cost. e che, anzi, la pubblica accusa, ontologicamente più forte e strutturata della privata difesa, ricerchi e disveli anche elementi favorevoli all’accusato.

L’auspicio è, quindi, che, come più volte e da più parti invocato, il dettato dell’art. 358 codice di procedura penale ai sensi del quale, come noto, al PM è onerato anche lo svolgimento di “accertamenti su fatti e circostanze a favore delle persone sottoposte alle indagini” diventi una prassi quotidiana senza che un Pubblico Ministero che doverosamente lo applica debba quasi giustificarsene.                                                                                                                                                                 

Come si argomentava sempre su Terzultimafermata esattamente un anno fa anche nel contributo Le indagini del PM a favore dell’indagato: prevenire non era meglio che curare?, gli innumerevoli casi di ingiusta detenzione e, comunque, di errori giudiziari che, purtroppo, si susseguono nelle nostre aule di giustizia dovrebbero sollecitare il nostro legislatore almeno a rafforzare la forza precettiva della disposizione contenuta nell’articolo citato con la finalità che indagini svolte effettivamente a 360 gradi non lascino pericolose zone d’ombra.

Sarebbe forse auspicabile, quindi, affinché l’episodio non venga apprezzato come un’eccezione che conferma la regola, che i destinatari della lettera in oggetto ringrazino il Pubblico Ministero eventualmente per la cortesia di aver trasmesso loro una notizia che proceduralmente non è dovuta agli indagati ma non per aver svolto la sua funzione nel modo che era ed è dovuto per legge.