La Cassazione sezione 4 con la sentenza numero 46570/2024 si sofferma, a seguito di ricorso del Procuratore Generale, sui requisiti necessari per ritenere espressa in maniera chiara e non equivocabile la volontà di punizione del presunto autore del reato.
Fatto
La Corte d’appello di Firenze, in riforma della decisione del Tribunale di Lucca, con la quale L.Y. veniva condannato alla pena di giustizia per il reato di furto di una bicicletta elettrica, aggravato dalla esposizione alla pubblica fede e dalla violenza sulle cose, ha dichiarato non doversi procedere per difetto di querela.
Avverso l’indicata sentenza propone ricorso per cassazione il Procuratore generale presso la stessa Corte d’appello deducendo, con unico motivo, violazione della legge penale in riferimento all’art. 120 cod. pen., per avere la Corte territoriale omesso di rilevare l’esistenza di un’istanza punitiva, chiaramente evincibile dalla “denuncia-querela”, formalizzata della persona offesa.
Decisione
La Suprema Corte premette che come è noto, ai fini della perseguibilità a querela dei reati, la volontà di chiedere la punizione del colpevole non è sottoposta a particolari formalità e può ricavarsi dall’esame dello stesso atto di querela; e tuttavia, sebbene non occorra l’uso di formule particolari, è comunque richiesta l’esposizione in modo chiaro e non equivocabile della volontà di punizione del supposto autore del reato (Sez. 2, n. 5193 del 05/12/2019, dep. 2020; Sez. 5, n. 15691 del 06/12/2013, dep. 2014; Sez. 5, n. 42478 del 19/10/2001).
Peraltro, l’apprezzamento della volontà di sporgere o meno querela costituisce giudizio di merito insindacabile in sede di legittimità, sempre che l’interpretazione di tale volontà, in tutti i suoi elementi, sia compiuta dal giudice di merito in conformità ai canoni logico-giuridici di ermeneutica (Sez. 3, n. 10254 del 12/02/2014; Sez. 5, n. 8034 del 25/05/1999).
Nella presente fattispecie, la Corte territoriale ha rilevato che “in atti non v’è querela ma mera denuncia“.
Il ricorrente ha indicato, come allegazione al ricorso, la cosiddetta “denuncia-querela” in atti, argomentando che da ciò sarebbe ricavabile la volontà punitiva.
In realtà, le dichiarazioni della persona offesa, D.F., “raccolte’ presso la Questura di Lucca, ancorchè contenute in un atto, qualificato dai verbalizzanti come “ricezione denuncia/querela“, difettano, nella parte contenutistica del documento riferibile all’esponente, di qualsivoglia concreta richiesta di punizione.
La persona offesa si limitava a denunciare l’accaduto, rappresentando le circostanze che avevano caratterizzato il furto della sua bicicletta, la segnalazione alle forze dell’ordine e la successiva ricezione del mezzo a seguito del ritrovamento, senza manifestare, neppure implicitamente, alcuna istanza punitiva nei confronti dell’autore della sottrazione.
Dunque, nella fattispecie che ci occupa, oltre all’intestazione dell’atto predisposta dalla polizia giudiziaria come “verbale di ricezione di denuncia/querela”, dal contenuto delle dichiarazioni rese dalla persona offesa non si rinvengono chiari elementi sintomatici della volontà di perseguire il responsabile del reato.
E pertanto la valutazione che in tal senso hanno compiuto i giudici di merito, assistita da assoluta congruità logica, sfugge al sindacato di legittimità.
