Il sequestro impeditivo e i suoi presupposti (Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 5^, sentenza n. 46284/2024, udienza del 29 novembre 2024, si è soffermata sui necessari presupposti del cosiddetto sequestro impeditivo.

L’art. 321, cod. proc. pen. prevede, al comma 1, il sequestro c.d. impeditivo, che va disposto «quando vi è pericolo che la libera disponibilità di una cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso ovvero agevolare la commissione di altri reati».

Le condizioni legittimanti l’adozione del sequestro in rassegna consistono nel fumus commissi delicti e nel periculum in mora.

Fumus commissi delicti

Circa il primo requisito va ribadito, nel solco di un consolidato indirizzo giurisprudenziale, che, riguardo alle misure cautelari reali, non occorre la gravità indiziaria, richiesta, invece, in tema di cautele personali, in correlazione alla diversità – di rango costituzionale – dei valori coinvolti.

La verifica sul fumus non si arresta a un controllo meramente “cartolare” e formale, ma – ferma la necessità di evitare, nella fase delle indagini preliminari, un sindacato sulla effettiva fondatezza dell’accusa – richiede che il reato ipotizzato sia pertinente al caso concreto (per l’ampia disamina sul tema si rimanda a Sez. U n. 18954 del 31/03/2016, Capasso, cit., in motivazione, paragrafo 6.4.).

Periculum in mora

Secondo la previsione normativa, il periculum in mora ricorre «quando vi è pericolo che la libera disponibilità di una cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso ovvero agevolare la commissione di altri reati».

Ferma la necessità che il sequestro abbia ad oggetto “cose pertinenti al reato”, occorre seguire l’insegnamento delle Sezioni unite Innocenti (sentenza n. 12878 del 29/01/2003).

Il sequestro preventivo di cui al comma 1 dell’art. 321 cod. proc. pen. «presenta connotati individuanti che lo inseriscono, nell’ambito processuale, negli istituti intesi ad evitare la probabilità del verificarsi di un evento antigiuridico» e va, pertanto, disposto «nelle situazioni in cui il non assoggettamento a vincolo della cosa pertinente al reato può condurre, in pendenza dell’accertamento del reato, non solo al protrarsi del comportamento illecito ovvero alla reiterazione della condotta criminosa ma anche alla realizzazione di ulteriori pregiudizi quali nuovi effetti offensivi del bene protetto; tali effetti debbono essere connessi con l’imputazione contestata e l’intervento preventivo collegato con le finalità di repressione del reato.

Più specificatamente va detto che il pericolo, in quanto probabilità di un danno futuro, deve avere caratteristiche di concretezza e richiede, quindi, un accertamento in concreto, sulla base di elementi di fatto, in ordine all’effettiva e non generica possibilità che la cosa di cui si intende vincolare la disponibilità assuma, in relazione a tutte le circostanze del fatto (natura della cosa, la sua connessione con il reato, la destinazione alla commissione dell’illecito, le circostanze del suo impiego), una configurazione strumentale rispetto all’aggravamento o alla protrazione del reato ipotizzato ovvero alla agevolazione alla commissione di altri reati».