Rapina e la lieve entità del fatto introdotta dalla sentenza n. 86 della Corte Costituzionale (Riccardo Radi)

La Cassazione sezione 2 con la sentenza numero 45604/2024 ha stabilito che la circostanza della lieve entità del fatto, introdotta dalla Corte costituzionale con la sentenza numero 86, è riservata alle ipotesi di lesività davvero minima raffigurabili nei casi con i seguenti indici: estemporaneità della condotta, scarsità dell’offesa personale alla vittima, esiguità del valore sottratto, assenza di profili organizzativi.

Nel caso esaminato la Suprema Corte premette che vero è che la sentenza della Corte costituzionale n. 86 del 13 maggio 2024, impone oggi di valutare la possibilità di ritenere sussistente la circostanza della lieve entità del fatto anche per il reato di rapina.

Tuttavia, nella sentenza impugnata si rinvengono elementi per ritenere che i giudici di merito abbiano considerato l’episodio per cui si procede non di lieve entità, dal momento che hanno negato la circostanza attenuante della speciale tenuità del fatto ai sensi dell’art. 62, comma 1, n. 4 cod.pen., sottolineando la non lieve entità del valore economico dei beni sottratti e, cioè, mettendo a fuoco l’esistenza, in danno dell’imputato, di uno degli elementi assurti a parametro di valutazione indicati dalla Corte costituzionale nella motivazione della sentenza citata ai fini della decisione di interesse (dalla motivazione di quella decisione: mette conto ribadire quanto già osservato nella sentenza n. 120 del 2023 a proposito dell’estorsione, cioè che gli indici dell’attenuante di lieve entità del fatto – estemporaneità della condotta, scarsità dell’offesa personale alla vittima, esiguità del valore sottratto, assenza di profili organizzativi – garantiscono che la riduzione della pena «sia riservata alle ipotesi di lesività davvero minima, per una condotta che pur sempre incide sulla libertà di autodeterminazione della persona» Punto 7.9. del Considerato in diritto).

Sempre in tema la cassazione sezione 2 con la sentenza numero 45592/2024 ha stabilito che la sentenza n. 86 del 2024 della Consulta, sul solco della precedente sentenza n. 120 del 2023, ha precisato che “in presenza di una fattispecie astratta connotata, come detto, da intrinseca variabilità atteso il carattere multiforme degli elementi costitutivi «violenza o minaccia», «cosa sottratta», «possesso», «impunità», e tuttavia assoggettata a un minimo edittale di rilevante entità, il fatto che non sia prevista la possibilità per il giudice di qualificare il fatto reato come di lieve entità in relazione alla natura, alla specie, ai mezzi, alle modalità o circostanze dell’azione, ovvero alla particolare tenuità del danno o del pericolo, determina la violazione, ad un tempo, del primo e del terzo comma dell’art. 27 Cost.

Ciò premesso, appare opportuno confrontare il dispositivo della pronuncia citata con il disposto dell’art. 62 n. 4 cod. pen:

il primo ha dichiarato “l’illegittimità costituzionale dell’art. 628, primo comma, cod. pen., nella parte in cui non prevede che la pena da esso comminata è diminuita in misura non eccedente un terzo quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o circostanze dell’azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità“;

il secondo prevede, quale attenuante speciale “avere nei delitti contro il patrimonio, o che comunque offendono il patrimonio, cagionato alla persona offesa dal reato un danno patrimoniale di speciale tenuità, ovvero, nei delitti determinati da motivi di lucro, l’avere agito per conseguire o l’avere comunque conseguito un lucro di speciale tenuità, quando anche l’evento dannoso o pericoloso sia di speciale tenuità“.

E’ interessante notare che nell’ordinanza di rimessione, per come riportata in sentenza, il Tribunale di Cuneo aveva anche rilevato che “la sproporzione del minimo edittale non potrebbe trovare rimedio nell’applicazione delle attenuanti generiche e dell’attenuante della speciale tenuità del danno patrimoniale, circostanze la cui finalità non è correggere l’eccessività della misura astratta di pena“, questione che non pare essere stata approfondita dalla Consulta.

Dall’analisi della sentenza della Consulta e del disposto dell’art. 62 n.4 cod. pen., si ricava che gli elementi che il giudice deve prendere in considerazione sono due: “la particolare tenuità del danno o del pericolo” (sentenza) cui corrisponde “il danno particolare tenuità” (art. 62 n.4 cod. pen.), inteso come danno di natura esclusivamente patrimoniale, e la lieve entità del fatto derivante dalla “natura, la specie, i mezzi, le modalità o circostanze dell’azione” (sentenza) cui corrisponde “l’evento dannoso o pericoloso di speciale tenuità” (art. 62 n.4 cod. pen.), ove invece si ha riguardo anche alle conseguenze di natura non esclusivamente patrimoniale; ne deriva che se la valutazione del giudice che ha concesso l’attenuante di cui all’art. 62 n.4 cod. pen. non ha investito tutti e due gli aspetti sopra evidenziati, ben potrà essere concessa anche la diminuente prevista dalla sentenza della Corte Costituzionale mentre se si sono valutati entrambi gli aspetti, la diminuente non può essere concessa.