Motivazione rafforzata della decisione di appello che riforma la sentenza assolutoria di primo grado: necessaria anche nel caso della riforma ai soli effetti civili (Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 2^, sentenza n. 43992/2024, udienza del 13 novembre 2024, ha chiarito che il giudice di appello che riformi, ai soli fini civili, la sentenza assolutoria di primo grado sulla base di un diverso apprezzamento dell’attendibilità di una prova dichiarativa ritenuta decisiva, è tenuto, anche d’ufficio, a rinnovare l’istruzione dibattimentale anche successivamente all’introduzione del comma 3-bis dell’art. 603 cod. proc. pen.

La motivazione rafforzata della decisione di appello, richiesta nel caso di riforma della sentenza assolutoria di primo grado, consiste nella compiuta indicazione delle ragioni per cui una determinata prova assume una valenza dimostrativa completamente diversa rispetto a quella ritenuta dal giudice di primo grado, nonché in un apparato giustificativo che dia conto degli specifici passaggi logici relativi alla disamina degli istituti di diritto sostanziale o processuale, in modo da conferire alla decisione una forza persuasiva superiore, tale da far venir meno ogni ragionevole dubbio e di conferire alla decisione la maggiore solidità possibile. Invero, secondo la consolidata giurisprudenza, la «motivazione rinforzata presuppone ed impone, innanzitutto, una cautela decisionale, cioè un’attenzione valutativa e una prudenza deliberativa per così dire maggiorate nella disamina di quel dato istituto di diritto sostanziale o processuale, ovvero per quel determinato aspetto della vicenda giuridica. Fare riferimento a una “motivazione rafforzata” significa attendersi un apparato giustificativo nel quale siano esposte quelle tappe non eludibili del percorso che il giudice è tenuto a compiere nell’attività di giudizio» (così, Sez. 6, n. 22086 del 04/06/2021; cfr. anche Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231679-01; Sez. 2, n. 33544 del 30/05/2023; Sez. 6, n. 51898 del 11/07/2019; Sez. 5, n. 54300 del 14/09/2017).         

Occorre altresì puntualizzare – in quanto questione strettamente correlata, nella medesima ottica della indispensabile certezza alla base di ogni decisione di condanna – come, nel giudizio di appello che abbia ribaltato una sentenza assolutoria, il dubbio sull’innocenza dell’imputato possa essere superato solo impiegando, per la formazione delle prove rivelatesi decisive, il metodo dell’oralità.

Questo netto irrigidimento dell’onere motivazionale in capo al giudice dell’impugnazione discende dai principi generali del sistema (cfr. Sez. U, n. 33748/2005, cit.; Sez. U, n. 14800 del 21/12/2017, dep. 2018, Troise; Sez. U, n. 14426 del 28/01/2019; Sez. U, n. 18620 del 19/01/2017, Patalano; Sez. U, n. 11586 del 30/09/2021, dep. 2022).

La necessità, per il giudice di appello, di redigere una motivazione “rafforzata” sussiste, pertanto, anche nel caso di riforma ai soli effetti civili (Sez. 4, n. 42868 del 26/09/2019, Miceli, Rv. 277624-01).

Difatti, sulla scorta della giurisprudenza delle Sezioni unite, il giudice di appello che riformi, ai soli fini civili, la sentenza assolutoria di primo grado sulla base di un diverso apprezzamento dell’attendibilità di una prova dichiarativa ritenuta decisiva, è tenuto, anche d’ufficio, a rinnovare l’istruzione dibattimentale anche successivamente all’introduzione del comma 3-bis dell’art. 603 cod. proc. pen., ad opera dalla legge 23 giugno 2017, n. 103 (Sez. U, n. 22065 del 28/01/2021, Cremonini).

Proprio in ciò, peraltro, consiste la “forza persuasiva superiore”, capace, appunto, di far cadere ogni ragionevole dubbio, perché, mentre la condanna presuppone la certezza della colpevolezza, l’assoluzione non richiede la certezza dell’innocenza, bensì il mero dubbio processualmente plausibile e questa differenza esplica evidenti riflessi anche sul piano dell’obbligo motivazionale.