La Cassazione sezione 5 con la sentenza numero 40301/2024 ha stabilito che l’aggravante del fatto commesso in presenza o in danno di un minore di cui all’art. 61, comma primo, n. 11-quinquies cod. pen. non è applicabile al reato di atti persecutori, sia in quanto prevista solo per i delitti non colposi contro la vita e l’incolumità personale e contro la libertà personale, tra i quali non rientra il reato di cui all’art. 612-bis cod. pen., sia per l’esistenza della specifica circostanza aggravante ad effetto speciale di cui all’art. 612-bis, comma terzo, cod. pen., che richiede non già la sola presenza, ma che la condotta sia rivolta a danno del minore.
Con atto d’appello, l’odierno ricorrente aveva correttamente impostato la censura relativa all’applicabilità della circostanza aggravante di cui all’art. 61, primo comma, n. 11 quinquies, cod. pen. al delitto di atti persecutori, citando la giurisprudenza della Suprema Corte (Sez. 5, n. 19372 del 14/04/2021), che, valorizzando il canone dell’interpretazione letterale e sistematica, ha escluso una tale evenienza.
Già la sintesi dei motivi di appello rivela come la Corte distrettuale evidenzi soltanto uno dei profili messi in luce dall’odierno appellante, vale a dire la mancata -o, comunque, generica indicazione, da parte del giudice di primo grado, dei singoli episodi ai quali il minore avrebbe assistito; nulla viene riferito, però, a proposito dell’eccezione in punto di diritto sollevata dall’appellante, che contestava la possibilità di applicare la contestata aggravante al delitto di atti persecutori.
E, in parte motiva, la Corte d’appello si concentra, sì, sull’eccezione, provvedendo infatti a indicare precipuamente tutti gli episodi di atti persecutori cui il figlio minore della coppia aveva assistito, mancando tuttavia di affrontare il problema giuridico posto dal ricorrente.
A tal proposito, deve ricordarsi che la precisa scelta del legislatore nel configurare tanto il delitto di cui all’art. 612 bis cod. pen. quanto le circostanze aggravanti allo stesso applicabili è stata quella non estendere al minore che assista ad atti persecutori la medesima tutela a lui riservata qualora assista ad altri delitti e, segnatamente, secondo la lettera dell’art. 61, primo comma, n. 11 quinquies, cod. pen., ai delitti contro la vita e l’incolumità individuale e contro la libertà personale.
In tal senso, la lettera dell’art. 61, primo comma, n. 11 quinquies, cod. pen. non presenta margini di ambiguità.
Ove si coniughi il dato letterale con quello della collocazione sistematica del delitto di atto persecutori (titolo XII -dei delitti contro la persona- capo III -dei delitti contro la libertà individuale- sezione III -dei delitti contro la libertà morale), si ricava che la contestata circostanza aggravante comune non può applicarsi al delitto di atti persecutori.
Si potrà -funditus- obiettare che la libertà morale altro non sia che un aspetto della libertà personale (sempre più orientata, quest’ultima, verso il concetto di libertà di autodeterminazione e, quindi, anche di libertà morale): sia sufficiente, in tal senso, il riferimento all’art. 13 Cost., dedicato alla libertà personale, il cui quarto comma fa divieto di ogni violenza fisica e morale sulle persone sottoposte a restrizioni della libertà, così accomunando, sotto il medesimo cono d’ombra della protezione accordata alla libertà dell’individuo, i due concetti di libertà personale e libertà morale.
E si potrà altresì ragionevolmente obiettare – valorizzando l’evoluzione giurisprudenziale in tema di violenza cd. assistita nel reato di maltrattamenti contro familiari e conviventi (Sez. 6, n. 18833 del 23/02/2018) o di violenza cd. percepita (cfr. Sez. 6, n. 4332 del 10/12/2014, dep. 2015) – che il reato cd. di stalking possa in concreto determinare effetti pregiudizievoli anche nei confronti di minori che, pur senza essere vittime dirette di atti persecutori, assistano a episodi di persecuzione violenza e/o minacciosa (v. Sez. 5, n. 74 del 20/11/2020, dep. 2021, dove si è rammentato il principio, affermato, però, a proposito dei reati di violenza sessuale aggravati ai sensi dell’art. 61, primo comma, n. 11 quinquies, cod. pen., che il minore che abbia assistito al fatto delittuoso riveste la qualifica di persona offesa e, come tale, è legittimato alla costituzione di parte civile ed all’impugnazione).
Tuttavia, allo stato, la giurisprudenza della cassazione è assestata sulla più restrittiva e condivisibile interpretazione che, facendo leva sul tenore letterale dell’art. 61, primo comma, n. 11 quinquies, cod. pen. e sull’interpretazione sistematica (e, quindi, anche sull’esistenza di una specifica circostanza aggravante, peraltro a effetto speciale, contemplata proprio dall’art. 612 bis, comma terzo, cod. pen., che richiede, tuttavia, non già la sola presenza del minore, bensì l’esser la condotta persecutoria volta a suo danno), esclude l’applicabilità della circostanza aggravante in parola al delitto di atti persecutori.
Pertanto, la Suprema Corte ritiene che la sentenza impugnata vada annullata senza rinvio limitatamente all’aggravante di cui all’art. 61 n. 11 quinquies c.p., che elimina.
Ne deriva altresì l’annullamento delle statuizioni sul trattamento sanzionatorio, che dovrà essere rideterminato in conseguenza della caducazione della suddetta circostanza aggravante, con rinvio per nuovo esame sul punto ad altra sezione della Corte d’appello.
