Differimento pena per motivi di salute: non basta dire no (Riccardo Radi)

La Cassazione, sezione 1, con la sentenza numero 44128 depositata il 3 dicembre 2024 ha ribadito che in tema di differimento della pena per motivi di salute, il tribunale di sorveglianza, ove giunga alla conclusione che l’invocato rinvio dell’esecuzione debba essere rigettato, sul presupposto della possibilità di praticare utilmente le cure necessarie in ambiente carcerario, è poi anche tenuto a specificare, nell’ambito della decisione reiettiva, la struttura penitenziaria in cui la pena vada espiata.

Il principio espresso nella sentenza suindicata ha confermato quanto stabilito dalla medesima sezione con la sentenza numero 28631/2024, in quel caso il Tribunale di Sorveglianza aveva rigettato il differimento pena per ragioni di salute senza indicare la struttura in cui la pena poteva essere espiata che deve garantire concretamente la fattibilità delle cure e dei ricoveri del detenuto.

Ricordiamo anche il precedente della medesima sezione sentenza numero 41192/2015 che in un caso analogo preliminarmente chiarì che il differimento della pena, secondo la disciplina portata dagli artt. 146 e 147 c.p., può essere provvedimento necessitato ovvero facoltativo e ciò, evidentemente, sulla base della ricorrenza o meno di determinati requisiti.

Nel caso in esame il giudice a quo ha rigettato l’istanza del ricorrente sulla semplice considerazione che le risultanze delle relazioni sanitarie ospedaliere erano nel senso della compatibilità delle condizioni di salute dell’interessato con lo stato di detenzione, considerato lo stato di compensazione delle accertate patologie cardiaca e renale.

Siffatta affermazione, peraltro, è stata poi supportata dalla descrizione delle patologie riscontrate, e dalla motivazione a sostegno delle conclusioni riportate, per le quali si esclude che nel caso di specie ricorra sia l’ipotesi di differimento obbligatorio disciplinato dall’art. 146 n. 3 c.p., peraltro non richiesto dall’interessato, sia quella del differimento facoltativo di cui al successivo art. 147 n. 2 c.p., posto che è proprio il requisito della incompatibilità detentiva con lo stato di salute dell’istante quello distintivo tra la prima e la seconda ipotesi, in cui il codificatore ha contemplato la fattispecie secondo la quale, pur potendosi astrattamente ritenere la compatibilità tra patologie accertate e stato di detenzione, purtuttavia la presenza di una “grave infermità fisica” può consentire il differimento di quest’ultima.

Ne consegue che la questione di diritto posta dalla disciplina relativa al differimento facoltativo è quella di definire i confini della riconosciuta discrezionalità (“L’esecuzione della pena può essere differita” recita la norma di riferimento).

Orbene, sul punto non è mancata l’adeguata elaborazione giurisprudenziale della cassazione, la quale ha ripetutamente affermato il principio che il giudice investito della delibazione della domanda per l’applicazione dell’art. 147 c.p. deve tener conto, indipendentemente dalla compatibilità o meno dell’infermità colle possibilità di assistenza e cura offerte dal sistema carcerario, anche dell’esigenza di non ledere comunque il fondamentale diritto alla salute e il divieto di trattamenti contrari al senso di umanità, previsti dagli artt. 32 e 27 Cost., circostanza questa che ricorre, ad esempio, allorché, nonostante la fruibilità di adeguate cure anche in stato di detenzione, le condizioni di salute accertate diano luogo ad una sofferenza aggiuntiva, derivante proprio dalla privazione dello stato di libertà in sé e per sé considerata, in conseguenza della quale l’esecuzione della pena risulti incompatibile coi richiamati principi costituzionali (cfr. Cass., Sez. 1, 28/09/2005, n.36856; Sez. 1^, 28.10.1999).

E ciò considerando, inoltre, che detta sofferenza aggiuntiva è comunque inevitabile ogni qual volta la pena debba essere eseguita nei confronti di soggetto in non perfette condizioni di salute, di tal che essa può assumere rilievo solo quando si appalesi, presumibilmente, di entità tale — in rapporto appunto alla particolare gravità di dette condizioni — da superare i limiti della umana tollerabilità (Cass., Sez.1^, 20.05.2003, n. 26026; 10.12.2008, n. 48203).

Ed invero, tornando ora al caso portato all’esame della Suprema Corte, si osserva che il giudice a quo ha deciso certo per la compatibilità delle patologie accertate in capo al ricorrente con il regime carcerario, ma, attesa la evidente e riconosciuta gravità delle medesime e la loro natura, sulla base anche delle indicazioni medico-legali, ha considerato sussistente siffatta compatibilità soltanto in istituto fornito di centro clinico specializzato, in mancanza del quale, evidentemente, la rilevata compatibilità scolora in incompatibilità.

E nel caso di specie, a distanza di circa dieci mesi dalla decisione impugnata, la stessa che imponeva la carcerazione “presso struttura penitenziaria dotata di centro clinico idoneo ad assicurare la tempestività e la periodicità dei controlli” necessari, il ricorrente si trova detenuto nel carcere di Temi del tutto sprovvisto di tali strutture sanitarie.

Ed allora, posto che, tra le tante si veda Cass. Sez. 1, n. 5732 del 08/01/2013, Rv. 254509, il differimento della pena per motivi di salute può essere concesso solo per l’impossibilità di praticare utilmente in ambiente carcerario le cure necessarie nel corso dell’esecuzione della pena, là dove il tribunale di sorveglianza ritenga che il differimento invocato non possa essere concesso poiché possibili utili pratiche sanitarie in carcere, ha l’obbligo di indicare con precisione, e non genericamente, tale luogo quando ammette la necessità di assicurare l’espiazione della pena in struttura penitenziaria munita di centro clinico.

L’ordinanza impugnata va pertanto annullata per consentire al giudice di rinvio siffatta precisa e puntuale indicazione, in assenza della quale deve ritenersi delibata una situazione di incompatibilità detentiva delle accertate patologie lamentate dal ricorrente e la necessità, per il tribunale adito, di provvedere nei sensi indicati dalla legge.