La Cassazione sezione 5 con la sentenza numero 43686/2024 si è soffermata sulle differenze tra le ipotesi delittuose previste dall’articolo 457 c.p. e 455 c.p.
La Suprema Corte premette che la differenza tra l’ipotesi delittuosa di cui all’art. 457 cod. pen. e quella di cui all’art. 455 stesso codice consiste nel fatto che per tale ultimo reato la scienza della falsità delle monete o titoli equipollenti deve sussistere nel colpevole all’atto della ricezione, mentre per il reato previsto dall’art. 457 tale scienza è posteriore al ricevimento della moneta falsa (tra le altre, Sez. 5, n. 11489 del 24/04/1990; Sez. 5, n. 4716 del 20/01/1982).
In forza di tale assunto, la cassazione sezione 5 con la sentenza numero 35681/2022 ha già chiarito che in tema di detenzione di monete contraffatte al fine di metterle in circolazione, di cui all’art. 455 cod. pen., la consapevolezza della falsità del denaro al momento della sua ricezione, che vale a distinguere il reato dalla diversa ipotesi di buona fede prevista dall’art. 457 cod. pen., può essere desunta dalla pluralità delle banconote contraffatte detenute, nonché dal difetto di una qualsiasi indicazione, da parte dell’imputato, sia della provenienza del denaro che di un qualunque diverso e lecito fine della sua detenzione. (Sez. 5, sentenza n. 40994/ 2014, Sez. 5, n. 10539/2015; Sez. 5, n. 32914 del 12/07/2011)
Nel caso esaminato la condotta del L. si è sostanziata nella spendita delle monete false, sul piano dell’elemento soggettivo occorre considerare che non era necessario, come egli assume, il dolo specifico, che è invero richiesto, nel reato di cui all’art. 455 cod. pen., soltanto in relazione alle condotte di importazione, acquisto o detenzione di monete contraffatte o alterate, come fine di metterle in circolazione, e non anche per le condotte di spendita o messa in circolazione (Sez. 5, n. 38599 del 10/07/2009).
Sicché risultano congrue le argomentazioni addotte dalla Corte territoriale sulla sussistenza dell’elemento soggettivo del delitto di cui all’art. 455 cod. pen., nel senso che la consapevolezza della falsità poteva essere ritratta da una serie di convergenti elementi, quali il numero di serie identico delle banconote false utilizzate in due diversi esercizi commerciali, e il rinvenimento di un’ulteriore banconota falsa presso l’abitazione dell’imputato nell’ambito della successiva perquisizione.
Decisiva, al lume dei ripercorsi principi giurisprudenziali, appare, di poi, la considerazione, compiuta dalla stessa sentenza impugnata, nel senso che il ricorrente – che non lo fa, del resto, neppure con il ricorso in sede di legittimità – non ha fornito alcuna giustificazione sulle ragioni del possesso delle banconote false.
