Cassazione penale, Sez. 2^, sentenza n. 43115/2024, udienza del 31 ottobre 2024, ha ricordato che il principio di immutabilità del giudice, come enunciato dal testo dell’art. 525, cod. proc. pen., deve essere letto in correlazione con i poteri dispositivi delle parti in ordine alla prova ed agli oneri di impulso in cui i medesimi si declinano.
La decisione Bajrami delle Sezioni unite penali (Sez. U, n. 41736 del 30/05/2019, Bajrami, Rv. 276754) e molteplici pronunce insieme ad essa hanno infatti affermato che il diritto alla rinnovazione delle prove orali costituisce una facoltà delle parti e resta subordinato alla previa indicazione, da parte delle stesse, dei soggetti da riesaminare, già indicati nella lista ritualmente depositata di cui all’art. 468 cod. proc. pen. o, eventualmente, in una nuova lista, prospettandone specificamente le ragioni del riesame e fermi restando i poteri di valutazione del giudice di cui agli artt. 190 e 495 cod. proc. pen., anche con riguardo alla non manifesta superfluità della rinnovazione stessa.
Dunque, l’ammissione di una qualsiasi prova (e quindi anche della reiterazione dell’esame del dichiarante, già in precedenza escusso dinanzi al tribunale diversamente composto) può essere disposta soltanto su richiesta formulata, ai sensi dell’art. 493 cod. proc. pen., dalle parti.
Analoga facoltà potrebbe essere esercitata d’ufficio dal giudice nella composizione sopravvenuta, anche in difetto di una sollecitazione di parte, soltanto nei limiti consentiti dall’art. 507 cod. proc. pen.
Ove nessuna delle parti riproponga la richiesta di ammissione della prova assunta in precedenza dinanzi al giudice nella composizione poi mutata, il nuovo giudice, «non avendo alcuna parte esercitato la facoltà di nuova richiesta di prove», può disporre d’ufficio la lettura delle dichiarazioni in precedenza rese dal dichiarante.
