Ammissibilità della richiesta di revisione: i rigorosi requisiti richiesti dalla giurisprudenza di legittimità (Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 2^, sentenza n. 42439/2024, udienza del 6 novembre 2024,conferma il particolare rigore interpretativo della giurisprudenza di legittimità attorno ai concetti di novità e decisività delle prove su cui fondare le richieste di revisione.

In fatto

Con la sentenza impugnata la Corte di appello di C. ha dichiarato inammissibile la richiesta di revisione della sentenza resa dalla Corte di appello di R. il 10 aprile 2019, divenuta irrevocabile il 1° luglio 2020, con cui nell’ambito del processo cosiddetto “M.” era stata confermata la condanna di MU alla pena di 15 anni di reclusione oltre pene accessorie, per il reato di associazione per delinquere di tipo mafioso.         

Ricorso per cassazione

Avverso detta sentenza propone ricorso il condannato, deducendo violazione di legge e in particolare degli artt. 630, 631 e 634, cod. proc. pen., e vizio di motivazione   in ordine all’esclusione dei caratteri di decisività e novità delle prove nuove dedotte con l’istanza di revisione.         

Osserva il ricorrente che, quando il giudice della revisione valuta l’inammissibilità della richiesta, ha un limitato potere di apprezzare la potenzialità degli elementi addotti dal richiedente a dar luogo ad una pronuncia di proscioglimento, senza esondare in indebite anticipazioni del giudizio di merito.         

Il compito affidato al giudice della revisione nella fase rescindente è quello di valutazione in astratto, e non in concreto, la sola idoneità dei nuovi elementi a dimostrare, ove eventualmente accertati, che il condannato attraverso il riesame di tutte le prove, unitamente a quelle nuove, deve essere prosciolto.

La richiesta di revisione potrà essere dichiarata inammissibile per manifesta infondatezza soltanto quando le ragioni poste a suo sostegno risultano all’evidenza inidonee a consentire una modifica dell’esito del giudizio, mentre rimane del tutto estranea a questa fase preliminare l’apprezzamento dell’effettiva capacità delle accuse difensive di travolgere il giudicato, anche nella prospettiva del ragionevole dubbio.         

Il provvedimento impugnato non ha fatto buon governo dell’art. 630 cod. proc. pen.  e, nel valutare le nuove prove, non si è fermato al richiesto giudizio di astratta idoneità delle stesse, ma è entrato nel merito, in evidente contrasto con i presupposti della dichiarazione di inammissibilità.         

Inoltre, la sentenza ha escluso il carattere di novità delle prove indicate, ritenendole preesistenti al giudizio di condanna di cui si chiedeva la rimozione, ma detto giudizio è viziato poiché si era chiesto non che le prove già valutate a carico di MU venissero sottoposte ad un nuovo vaglio, ma che venissero valutate congiuntamente agli elementi di novità introdotti.         

Osserva il ricorrente che gli elementi di novità offerti con l’istanza di revisione erano costituiti da:  – una sentenza in giudicato che dichiarava inattendibile il collaboratore FO; – testimonianze assunte nel processo E. da cui è emerso che il collaboratore AC era un informatore dei servizi segreti, il che comporta innegabili refluenze sul giudizio di attendibilità formulato nei suoi confronti;  – il contenuto di due conversazioni ambientali, che erano state trascurate nelle decisioni emesse, pur facendo parte del compendio probatorio;  – il contenuto di conversazioni ambientali intercettate nel corso delle indagini svolte nel processo M., che scagionano MU;   – una sentenza della Corte di assise di C. che aveva nuovamente dichiarato inattendibile il collaboratore FO.         

Osserva il ricorrente che la Corte di appello non ha verificato se, alla stregua di questi nuovi elementi, la ricostruzione effettuata dalla sentenza di condanna ormai definitiva possa dirsi ancora valida; di contro, ha affermato che nessuna prova nuova è stata offerta a sostegno della richiesta di revisione, poiché la rivalutazione delle dichiarazioni dei collaboratori e del giudizio sulla loro credibilità non costituisce un novum.         

Il ricorrente osserva che, nel caso in esame, le dichiarazioni accusatorie di FO, che  avevano assunto un peso determinante ai fini della condanna del ricorrente, sono state ampiamente smentite nell’ambito di altri processi; che a dispetto di quanto affermato dalla sentenza impugnata la Corte di appello di G. è pervenuta ad assolvere alcuni imputati, non già per l’assenza di riscontri esterni alle propalazioni di FO, ma sulla scorta di un giudizio negativo in merito alla sua attendibilità, per avere lo stesso riferito circostanze rivelatesi del tutto false.         

Inoltre la Corte di appello ha escluso il carattere di novità in relazione a prove preesistenti ritenendole, in quanto tali, già deducibili nel procedimento del cui esito si chiede la revisione, ma si tratta di  intercettazioni  svolte nel processo M. che costituiscono elementi di novità, perché soltanto una di esse faceva parte del compendio probatorio vagliato nel processo M. sugli appalti ed  era stata ritenuta priva di valore indiziario a carico di MU; le altre intercettazioni erano, invece, del tutto nuove e hanno essenzialmente escluso che MU fosse inserito nella ‘ndrangheta di G.         

Il ricorrente lamenta che la Corte di C., piuttosto che considerare i presupposti legittimanti la rimozione del giudicato penale previsti dall’art. 630, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., ha fatto riferimento all’art. 28 del d. lgs. 159/2011 in tema di revoca di prevenzione, che pone termini più stringenti rispetto a quanto stabilito in tema di revisione, giustificata non soltanto dalla sopravvenienza di prove nuove, e cioè sopravvenute, ma anche di prove già esistenti e non conosciute, a prescindere dalla circostanza che l’omessa conoscenza sia imputabile ad un comportamento processuale negligente del condannato, che rileva solo ai fini dell’eventuale riparazione l’errore giudiziario.        

Pertanto, come prova nuova deve intendersi non soltanto quella che, preesistendo, non sia stata portata a conoscenza del giudice, ma anche quella che, pur risultando dagli atti, non è stata considerata e valutata dal giudice per omessa deduzione delle parti o per il mancato uso dei poteri d’ufficio.

Decisione della Corte di cassazione

Il ricorso è inammissibile poiché manifestamente infondato.         

La Corte di appello ha reso motivazione corretta ed esaustiva nel dichiarare l’inammissibilità dell’istanza, valutando i singoli elementi probatori addotti dalla difesa ed effettuando quel necessario giudizio di comparazione rispetto al materiale probatorio e al compendio assunto a sostegno dell’affermazione di colpevolezza passata in giudicato, che solo può preludere ad un’eventuale sentenza rescindente.         

La prima censura è manifestamente infondata poiché, in tema di revisione, anche nella fase rescindente è richiesta una delibazione non superficiale, seppure sommaria, degli elementi addotti per capovolgere la precedente statuizione di colpevolezza e tale sindacato ricomprende necessariamente il controllo preliminare sulla presenza di eventuali profili di non persuasività e di incongruenza, rilevabili in astratto, oltre che di non decisività delle allegazioni poste a fondamento dell’impugnazione straordinaria.

Nella specie la Corte ha ritenuto legittima la valutazione della Corte di appello di immediata inconferenza, rispetto all’impianto probatorio già esistente, della prova dedotta come “nuova”, verificandone anche l’incapacità a scalfire il ragionamento del giudice della cognizione e le sue ragioni (Sez. 5, n. 1969 del 20/11/2020, dep. 18/01/2021).

È noto, inoltre, che ai fini dell’esito positivo del giudizio di revisione, la prova nuova deve condurre all’accertamento – in termini di ragionevole sicurezza – di un fatto la cui dimostrazione evidenzi come il compendio probatorio originario non sia più in grado di sostenere l’affermazione della penale responsabilità dell’imputato oltre ogni ragionevole dubbio (Sez. 5, n. 34515 del 18/06/2021).

Ciò posto, la Corte territoriale ha correttamente evidenziato che alcuni degli elementi addotti come novità non sono tali, in quanto il diverso giudizio di attendibilità e credibilità delle dichiarazioni di collaboratori, che sono stati motivatamente ritenuti credibili dalla sentenza passata in giudicato, non può costituire presupposto per la revisione, che  deve fondarsi su nuovi elementi di fatto e non su nuovi elementi di giudizio, quali appunto la diversa valutazione di attendibilità.         

È stato affermato che il giudizio di attendibilità di un collaboratore di giustizia, già compiuto nel giudizio di cognizione, non può formare, di per sé, oggetto di riesame in sede di revisione, a meno che si contesti la reale esistenza di un fatto storico nel quale è stato rinvenuto il riscontro esterno alle dichiarazioni del medesimo soggetto (Sez. 5, n. 5217 del 11/12/2020 Cc.  (dep. 10/02/2021).

 Inoltre, nel caso in esame, la Corte ha sottolineato che il narrato del collaboratore non è stato ritenuto attendibile in ordine a vicende diverse da quelle oggetto del giudizio e che, in ogni caso, l’affermazione di responsabilità del ricorrente si fondava anche su altre prove dichiarative, che non sono state contestate dalla difesa.         

Nessuna valenza di novità può essere attribuita, di conseguenza, al sopravvenuto giudizio di inattendibilità attribuito al collaboratore O. in altri procedimenti e in relazione a fatti diversi; in modo analogo, nessuna rilevanza può rivestire la riferita circostanza che il collaboratore C. fosse all’epoca del giudizio un informatore dei servizi segreti, poiché tale indimostrata condizione non si palesa prima facie idonea ad inficiare la tenuta del compendio su cui si è fondata l’affermazione di responsabilità.         

Quanto poi alle intercettazioni, la Corte ha correttamente escluso che una diversa valutazione del loro contenuto possa integrare un elemento di novità; per altro verso, ha evidenziato come il tenore delle conversazioni registrate addotte dalla difesa come elemento di novità non siano idonee ad inficiare la rilevanza e la pregnanza del compendio probatorio già valutato.         

È vero che per prove nuove rilevanti a norma dell’art. 630, lett. c), cod. proc. pen., ai fini dell’ammissibilità della relativa istanza, devono intendersi non solo le prove sopravvenute alla sentenza definitiva di condanna e quelle scoperte successivamente ad essa, ma anche quelle non acquisite nel precedente giudizio, ovvero acquisite ma non valutate neanche implicitamente, purché non si tratti di prove dichiarate inammissibili o ritenute superflue dal giudice, e indipendentemente dalla circostanza che l’omessa conoscenza da parte di quest’ultimo sia imputabile a comportamento processuale negligente o addirittura doloso del condannato, rilevante solo ai fini del diritto alla riparazione dell’errore giudiziario (Sez. 5 , n. 12763 del 09/01/2020).

Ma nel provvedimento impugnato la Corte ha correttamente affermato che le intercettazioni raccolte nel procedimento cd. M. e risalenti al 2010, non soltanto erano già conosciute dall’imputato e dalla difesa, ma soprattutto erano state oggetto di valutazione anche implicita da parte della Corte di appello di R., nella sentenza passata in giudicato.

Ha poi esaminato una specifica conversazione, che era stata allegata come novum nell’istanza di revisione, e ha osservato che il suo contenuto, nella comparazione con il compendio già raccolto, non è idoneo a sconfessare la valenza delle altre prove a carico, nè consente di ritenere MU estraneo ai fatti per cui ha riportato condanna.         

A fronte di questa articolata motivazione, che lo stesso ricorrente lamenta essere troppo specifica, il ricorso appare generico, poiché neppure individua le conversazioni che costituendo un novum imporrebbero la revisione, né ne espone il contenuto, limitandosi a criticare in termini generici il tenore della sentenza impugnata, che ha fatto corretta applicazione dei criteri individuati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di revisione.         

Alla stregua di tali considerazioni si impone la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, con le conseguenti statuizioni.