Furto: il momento consumativo (Riccardo Radi)

La Cassazione sezione 4 con la sentenza numero 42619/2024 ha ribadito che il reato di furto si consuma quando il bene trafugato passa, anche se per breve tempo e nello stesso luogo in cui è stato sottratto, sotto il dominio esclusivo dell’agente, sicché sono irrilevanti sia il fatto che la “res furtiva” rimanga nella sfera di vigilanza della persona offesa, con la possibilità del suo pronto recupero, sia la durata del possesso, sia, infine, le modalità di custodia e di trasporto.

Il principio enunciato si riferisce a fattispecie relativa ad agente che, subito dopo essersi impossessato di un telefono cellulare, strappandolo dalle mani della persona offesa, veniva inseguito e bloccato dalla polizia giudiziaria, che, in modo casuale ed estemporaneo, aveva osservato a distanza la perpetrazione del delitto (Sez. 4, n. 4743 del 1995, Sez. 5. n. 33605 del 17/06/2022).

La medesima condotta è avvenuta nel caso in esame.

Gli imputati, infatti, dopo essersi impossessati dei beni prelevati all’interno dell’abitazione delle persone offese, ne hanno avuto il dominio esclusivo, mentre tentavano, dandosi alla fuga, di guadagnarsi l’impunità per il reato commesso, finendo poi la loro folle corsa contro la recinzione di una chiesa posta a oltre quattro chilometri di distanza dal luogo in cui l’azione era stata posta in essere.

Si tratta di ipotesi ben distinta da quella prevista dalle Sezioni unite n. 52117 del 17/7/2014 che, come è noto, si colloca in continuità con il dictum della sentenza Sez. U n. 34952 del 19/4/2012, che “nel risolvere positivamente la questione della configurabilità del tentativo di rapina impropria (anche) in difetto della materiale sottrazione del bene all’impossessamento del quale l’azione delittuosa era finalizzata…” ha argomentato con riferimento al furto “finché la cosa non sia uscita dalla sfera di sorveglianza del possessore” e “questi è ancora in grado di recuperarla”. Le Sezioni Unite richiamate dalla difesa nel caso oggetto della pronuncia muovevano da due profili critici:

a) la sovrapposizione … dei piani affatto diversi della qualificazione della condotta e della prova del reato e, segnatamente dell’elemento psicologico;

b) la relazione di tipo pre-negoziale, presupposta dalla condotta delittuosa, che lega l’agente al soggetto passivo, offerente in vendita della merce esposta e che abilita il primo al prelievo dai banchi di esposizione.

Nel fare ciò argomentavano che “In tale prospettiva la condotta dell’agente il quale oltrepassi la cassa, senza pagare la merce prelevata, rende difficilmente contestabile l’intento furtivo, ma lascia impregiudicata la questione se la circostanza comporti di per sé sola la consumazione del reato, quando l’azione delittuosa sia stata rilevata nel suo divenire dalla persona offesa, o dagli addetti alla vigilanza, i quali, nella immediatezza intervengano a difesa della proprietà della merce prelevata“.

Ritenevano, dunque, le Sezioni unite, decisiva “la premessa che in difetto del perfezionamento del possesso della refurtiva in capo all’agente è, comunque, certamente da escludere che il reato possa ritenersi consumato“.

Ora, nel caso in esame, non si tratta di soggetti che sono stati osservati all’interno di un supermercato prelevare beni dai banchi vendita e le cui intenzioni predatorie non si sarebbero palesate per gli addetti alla vigilanza o alla vendita se non al superamento delle casse senza aver pagato.

Il fatto in esame non può dirsi affatto avvenuto sotto la concomitante vigilanza, attuale e immanente della persona offesa che “ha esercitato un intervento in continenti a difesa della detenzione del bene materialmente appreso, ma ancora non uscito dalla sfera del controllo del soggetto passivo” e la cui “incompiutezza dell’impossessamento osta alla consumazione del reato e circoscrive la condotta delittuosa nell’ambito del tentativo” (così le Sezioni unite richiamate dalla persona offesa).

Tale non è la presenza di un testimone che ha chiesto l’intervento delle forze dell’ordine, giunte peraltro, dopo che gli imputati erano usciti dall’abitazione e dopo avere consumato il furto, allorquando cioè proprio alla luce del principio di offensività era già stato compromesso l’interesse protetto dalla norma incriminatrice.

Solo per completezza va ricordato che la Suprema Corte ha sì ritenuto la fattispecie del delitto tentato in ipotesi in cui “la polizia monitori continuativamente l’azione e gli spostamenti del reo e decida di non interrompere l’attività criminosa in corso di esecuzione, manifestatasi già alla fase del tentativo, scegliendo deliberatamente di attendere la sua evoluzione nella forma consumata … per ritenute esigenze investigative” (Sez. 5 n. 4868 del 25/11/2021).

Non è questo il caso poiché le forze dell’ordine sono giunte sul posto allorquando i beni erano stati già materialmente appresi dagli imputati.