Cassazione penale, Sez. 4^, sentenza n. 41391/2024, udienza del 24 settembre 2024, ha affermato che, in linea generale e con riferimento a lavori che interessano una strada pubblica, ogni soggetto chiamato a gestire i rischi derivanti dall’esistenza del cantiere (direttore del cantiere, amministratore della società appaltatrice di essi, capo dell’Ufficio tecnico dell’ente proprietario) risponde di omicidio o lesioni colposi ai danni, ai danni degli utenti della strada, ognuno essendo portatore di un obbligo di garanzia il cui inadempimento è causa dell’evento (sez. 4, n. 11453 del 20/12/2012, in un’ipotesi di danni occorsi a due ragazzi marcianti, in una strada non ben illuminata, a bordo di un ciclomotore andato ad urtare contro un grosso blocco di calcestruzzo posto sulla carreggiata interessata da lavori di ristrutturazione dell’assetto viario e privo di adeguata segnalazione mediante catarifrangenti).
Pertanto, se è vero che, in tema di responsabilità per colpa, sussiste in capo all’Ente proprietario di una strada, destinata ad uso pubblico, una posizione di garanzia da cui deriva l’obbligo di vigilare affinché quell’uso si svolga senza pericolo, anche in caso di concessione di appalto per l’esecuzione di lavori di manutenzione e sorveglianza stradale (Sez. 4, n. 16754 del 21/2/2023, in cui, in applicazione del principio la Corte ha ritenuto sussistente la responsabilità del funzionario incaricato della gestione e della esecuzione del contratto di appalto per la manutenzione ordinaria e straordinaria della rete viaria provinciale per l’omicidio colposo conseguente a sinistro stradale verificatosi per la mancata predisposizione di idonea segnaletica stradale e di illuminazione in un tratto curvilineo pericoloso; n. 17010 del 29/3/2016), è anche vero che gli obblighi di garanzia gravanti sull’appaltatore non vengono meno automaticamente nel momento in cui i lavori siano sospesi o il cantiere venga consegnato.
Il tema della pluralità dei soggetti chiamati a gestire il rischio collegato allo svolgimento di attività dalle quali può derivare pericolo per i terzi, evoca con ogni evidenza quello della successione dei garanti, aspetto che il giudice d’appello, pur a fronte delle doglianze difensive, non ha minimamente considerato, essendosi limitato ad affermare un principio, per il quale la consegna del cantiere sarebbe per ciò solo idonea ad esonerare l’appaltatore dai danni derivanti dalle condizioni nelle quali il cantiere è stato consegnato, che tuttavia risulta del tutto incoerente con quanto più volte precisato dalla Suprema Corte. Infatti, quando l’obbligo di impedire l’evento connesso ad una situazione di pericolo grava su più persone obbligate ad intervenire in tempi diversi, l’accertamento del nesso causale rispetto all’evento verificatosi deve essere compiuto con riguardo alla condotta e al ruolo di ciascun titolare della posizione di garanzia, stabilendo cosa sarebbe accaduto nel caso in cui la condotta dovuta da ciascuno dei garanti fosse stata tenuta, anche verificando se la situazione di pericolo non si fosse modificata per effetto del tempo trascorso o di un comportamento dei successivi garanti (Sez. 4, n. 1350 del 20/11/2019, dep. 2020, in materia di colpa medica; n. 6405 del 22/1/2019; n. 1175 del 2/10/2018, dep. 2019, in cui si è addirittura precisato che, in tema di reati colposi, in caso di successione di diversi soggetti nella posizione di garanzia, ove la condotta colposa ascritta al primo garante consista nell’omessa segnalazione, al soggetto subentrante, della situazione di rischio a lui nota ed indipendente dal suo operato, ai fini della sussistenza del nesso causale tra tale omissione e l’evento deve accertarsi che la successiva condotta negligente del garante subentrato trovi causa proprio in tale mancata segnalazione, sempre in fattispecie di colpa medica).
