Cassazione penale, Sez. 5^, sentenza n. 42544/2024, udienza del 7 novembre 2024, ha ricordato che la giurisprudenza di legittimità è da tempo attestata sul principio secondo cui integra il delitto previsto dall’art. 615-ter, secondo comma, n. 1, cod. pen. la condotta del pubblico ufficiale che, pur essendo abilitato e pur non violando le prescrizioni formali impartite dal titolare di un sistema informatico o telematico protetto per delimitarne l’accesso, acceda o si mantenga nel sistema per ragioni ontologicamente estranee rispetto a quelle per le quali la facoltà di accesso gli è attribuita (Sez. U, n. 41210 del 18/05/2017, Savarese).
Le Sezioni unite hanno riconosciuto la sussistenza del delitto nel caso, non infrequente, del «soggetto, in specie pubblico ufficiale o equiparato, che, abilitato e senza precisazione di limiti espressi alle possibilità di accesso e trattenimento nel sistema pubblico, acquisisca da questo notizie e dati, in violazione dei doveri insiti nello statuto del pubblico dipendente, nel complesso degli obblighi e dei doveri di lealtà a lui incombenti».
Secondo le Sezioni unite Savarese «non esce dall’area di applicazione della norma la situazione nella quale l’accesso o il mantenimento nel sistema informatico dell’ufficio a cui è addetto il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio, seppur avvenuto a seguito di utilizzo di credenziali proprie dell’agente ed in assenza di ulteriori espressi divieti in ordine all’accesso ai dati, si connoti, tuttavia, dall’abuso delle proprie funzioni da parte dell’agente, rappresenti cioè uno sviamento di potere, un uso del potere in violazione dei doveri di fedeltà che ne devono indirizzare l’azione nell’assolvimento degli specifici compiti di natura pubblicistica a lui demandati».
Ed ancora: «Ai pubblici dipendenti che, nella loro qualità, debbono operare su registri informatizzati è imposta l’osservanza sia delle diposizioni di accesso, secondo i diversi profili per ciascuno di essi configurati, sia delle disposizioni del capo dell’ufficio sulla gestione dei registri, sia il rispetto del dovere loro imposto dallo statuto personale di eseguire sui sistemi attività che siano in diretta connessione con l’assolvimento della propria funzione. Con la conseguente illiceità ed abusività di qualsiasi comportamento che con tale obiettivo si ponga in contrasto, manifestandosi in tal modo la “ontologica incompatibilità” dell’accesso al sistema informatico, connaturata ad un utilizzo dello stesso estraneo alla ratio del conferimento del relativo potere».
