L’art. 6 della direttiva 2012/13/UE afferma al comma 1: “Gli Stati membri assicurano che alle persone indagate o imputate siano fornite informazioni sul reato che le stesse sono sospettate o accusate di aver commesso.
Tali informazioni sono fornite tempestivamente e con tutti i dettagli necessari, al fine di garantire l’equità del procedimento e l’esercizio effettivo dei diritti della difesa”.
L’Ufficio deputato a gestire le istanze ex art. 335 c.p.p. rivolte alla Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Roma, ha ormai raggiunto la soglia record di 20 giorni per restituire una risposta alla persona richiedente.
È evidente che un lasso di tempo così importante è in aperto contrasto con la parola “tempestivamente” utilizzata nella norma (oltre che con il buon senso) e va ad incidere in modo fortemente negativo sul diritto di difesa.
Inoltre, allo stato attuale della legislazione interna, questo ritardo rischia di incidere negativamente anche sulle facoltà stabilite dall’art. 299, comma 3, cod. proc. pen., in tema di intervento della parte offesa all’interno della vicenda cautelare, rendendo molto più lento e difficoltoso il deposito della nomina di un difensore nel procedimento penale.
La giustizia anche per degli adempimenti banali richiede tempo, tanto tempo e come diceva Seneca: “Niente assomiglia tanto all’ingiustizia quanto la giustizia tardiva”.
