Esecuzione della pena e mancato rispetto da parte del PM del comma 4-bis dell’art. 656 cod. proc. pen. (Riccardo Radi)

Quando un PM manda in carcere una persona senza averne il “potere”.

Il caso esaminato dalla Cassazione sezione 1 con la sentenza numero 41142/2024 riguarda la mancata sospensione dell’ordine di esecuzione, per non aver il pubblico ministero (prima dell’emissione dell’ordine di esecuzione) ottemperato a quanto disposto dall’articolo 656 comma 4-bis cpp (trasmissione al magistrato di sorveglianza) in ordine al possibile riconoscimento della liberazione anticipata per i semestri di presofferto che avrebbero portato la pena residua al di sotto dei 4 anni.

Fatto

Con ordinanza la Corte d’appello, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha accolto l’istanza del condannato V.L. di sospendere l’ordine di esecuzione emesso nei suoi confronti dalla Procura generale presso la Corte d’appello, in quanto non contenente l’ordine di sospensione dell’esecuzione di cui al comma 5 dell’art. 656 cod. proc. pen.

In particolare, il giudice dell’esecuzione ha rilevato che il condannato ha sofferto misura cautelare per 3 anni 8 mesi e 16 giorni, per l’effetto avrebbe potuto in astratto ottenere liberazione condizionale per sette semestri, che gli sarebbe stata sufficiente per far scendere la pena da espiare in concreto sotto i quattro anni, atteso che la pena residua da espiare era stata calcolata dalla Procura generale in 4 anni 3 mesi e 14 giorni di reclusione e 30.000 euro di multa.

Ne consegue che, nel disporre l’esecuzione della pena, il pubblico ministero avrebbe dovuto anche disporre la sospensione della stessa ai sensi del comma 4-bis dell’art. 656 cod. proc. pen.

Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso il PM con un unico motivo in cui deduce violazione di legge perché il condannato è stato estradato in Italia per effetto di mandato di arresto europeo, e dunque si trovava in uno stato di volontaria sottrazione della pena, che gli precludeva la possibilità di ottenere la liberazione anticipata; in un caso di questo tipo il pubblico ministero ha esercitato la discrezionalità prevista dalla norma che prevede che il pubblico ministero “trasmette” al Tribunale di sorveglianza ai fini delle valutazioni sulla liberazione anticipata senza imporre un dovere di farlo.

Decisione

La Suprema Corte rileva che il ricorso deduce che poiché il condannato è stato arrestato soltanto attraverso mandato di arresto europeo si versava in una situazione di sottrazione volontaria alla pena, che precluderebbe la concessione della liberazione anticipata.

La circostanza che il condannato sia stato arrestato a seguito dell’esecuzione di un mandato di arresto europeo non significa necessariamente che egli si sia sottratto volontariamente alla pena, perché occorrerebbe anche dimostrare che il soggetto fosse consapevole della pendenza di ordine di esecuzione nei suoi confronti, ed il ricorso su tale punto non spende argomenti a sostegno.

Inoltre, il giudizio sulla liberazione anticipata, pur potendo senz’altro comprendere anche la valutazione del comportamento tenuto dal condannato che si sottragga volontariamente all’esecuzione della pena in quanto indice di mancato reinserimento sociale del condannato successivo al periodo di detenzione da valutare (Sez. 1, sentenza n. 1314 del 25/03/1992), ha caratteri ampiamente discrezionali, in quanto la norma attributiva di potere, che è l’art. 54, comma 1, della legge 354 del 1975, dispone che “al condannato a pena detentiva che ha dato prova di partecipazione all’opera di rieducazione è concessa, quale riconoscimento di tale partecipazione, e ai fini del suo più efficace reinserimento nella società, una detrazione di quarantacinque giorni per ogni singolo semestre di pena scontata”.

A tal fine è valutato anche il periodo trascorso in stato di custodia cautelare o di detenzione domiciliare”, così fondando il benefico su un presupposto positivo (la “partecipazione all’opera di rieducazione”) che “richiede anche l’esame del comportamento complessivo del soggetto al fine di valutarne l’evoluzione della personalità” (Sez. 1, sentenza n. 13412 del 19/02/2021), esame che non può essere ridotto alla sola valutazione della sottrazione all’esecuzione della pena su cui si sofferma il ricorso.

Ne consegue che il pubblico ministero non aveva il potere di anticipare sul punto il giudizio del magistrato di sorveglianza.