Revisione per contrasto di giudicati: il concetto di inconciliabilità nella giurisprudenza di legittimità e il caso dell’associazione a delinquere (Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 2^, sentenza n. 40534/2024, udienza del 24 ottobre 2024, ha chiarito che, in tema di revisione, il concetto di inconciliabilità fra sentenze irrevocabili di cui all’art. 630, comma 1, lett. a), cod. proc. pen., deve essere inteso con riferimento ad una oggettiva incompatibilità tra i fatti storici stabiliti a fondamento delle diverse sentenze, non già alla contraddittorietà logica tra le valutazioni operate nelle due decisioni; ne consegue che gli elementi in base ai quali si chiede la revisione devono essere, a pena di inammissibilità, tali da dimostrare, se accertati, che il condannato deve esser prosciolto e, pertanto, non possono consistere nel mero rilievo di un contrasto di principio tra due sentenze che abbiano a fondamento gli stessi fatti (Sez. 1, n. 8419 del 14/10/2016, dep. 2017).

Si ritiene, quindi, che la revisione per contrasto di giudicati è ammessa quando la sentenza della quale si chiede la revisione abbia accertato “fatti” inconciliabili con quelli ritenuti da altra sentenza, mentre non sono compresi nella categoria degli eventi che giustificano la revisione le diverse valutazioni “in diritto” concernenti gli stessi fatti, dato che in tale caso si rimetterebbe in discussione una decisione coperta dal giudicato.

La giurisprudenza ha ritenuto di escludere dall’area della revisione tutti gli eventi valutativi e, dunque, anche le divergenze generate dalla valutazione di compendi probatori differenti in ragione della diversità del rito: è stato infatti affermato che non è invocabile la revisione, ex art.630, comma 1, lett. a) cod. proc. pen., della sentenza di applicazione della pena sul presupposto dell’intervenuta successiva sentenza di assoluzione all’esito di giudizio ordinario nei confronti del coimputato non patteggiante, diverso essendo il criterio di valutazione proprio dei due riti, di per sé tale da condurre fisiologicamente ad esiti opposti. (Sez. 3, n. 23050 del 23/04/2013).

Ipotesi diversa è quella in cui non si tratta, semplicemente, di affrontare un contrasto valutativo tra le posizioni di coimputati di un medesimo reato ma di registrare, quale effetto della sentenza irrevocabile di assoluzione dei coimputati il venir meno degli stessi elementi costitutivi del reato oggetto della sentenza cui si chiede la revisione.

È proprio con riferimento al caso in rilievo che la giurisprudenza di legittimità ha già ritenuto l’inconciliabilità della sentenza di condanna di un imputato per associazione a delinquere nel caso di assoluzione, in altro processo, di tutti i presunti compartecipi (Sez. 6, n. 695 del 3/12/2013, dep. 2014; Sez. 2, n. 48613 del 15/10/2009, Rv. 246043) e ciò anche nell’ipotesi, di sentenza di patteggiamento (Sez. 1, n. 40815 del 14/10/2010).

Invero l’esclusione, per via giudiziale, della presenza del numero minimo di partecipanti all’associazione implica non un semplice contrasto valutativo in relazione alle posizioni dei coimputati del medesimo reato, ma il venir meno degli stessi elementi costitutivi del reato oggetto della sentenza di cui si chiede la revisione (Sez. 1, n. 43516 del 06/05/2014; Sez. 2, n. 27365 del 30/04/2024).