La Cassazione sezione 2 con la sentenza numero 41157/2024 affronta un caso pratico che ritengo interessante segnalare ai colleghi.
Siamo in aula davanti alla Corte d’appello e il difensore dell’imputato chiede che venga “acquisita copia della sentenza n. …/…. emessa dal Tribunale […] relativa ai fatti del presente giudizio”, rappresentando, peraltro, di “non essere in possesso di copia con passaggio in giudicato”.
La Corte d’appello, “rilevata la tardività della richiesta formulata solo in data odierna, rigetta[va] l’istanza di acquisizione”.
Quindi il quesito è il seguente: è possibile produrre una sentenza priva dell’annotazione, da parte della cancelleria, dell’irrevocabilità del provvedimento direttamente in udienza.
Decisione
La Suprema Corte premette che l’obbligo del giudice di merito di verificare la possibile incidenza di una decisione irrevocabile, e degli elementi di fatto da essa risultanti, sulla posizione dell’imputato cha abbia dedotto che, con la stessa decisione, sono stati accertati fatti inconciliabili con quelli in contestazione (Sez. 2, n. 292 del 04/12/2013, dep. 2014; Sez. 5, n. 81 del 24/10/2005), impone allo stesso giudice di merito, qualora egli abbia dubbi circa l’irrevocabilità della decisione, di esperire tutti gli accertamenti utili a sciogliere gli stessi (Sez. 3, n. 33820 del 13/11/2020, nella quale è stato precisato che i dubbi in ordine all’irrevocabilità della decisione debbono essere superati perché la questione della producibilità di essa a norma dell’art. 238-bis cod. proc. pen. può essere riproposta con esito positivo davanti alla Corte di cassazione).
In ogni caso, anche nell’ipotesi in cui la sentenza di cui l’odierno ricorrente aveva chiesto l’acquisizione fosse risultata non irrevocabile, essa avrebbe comunque potuto essere considerata quale documento, producibile a norma dell’art. 234 cod. proc. pen. (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231677-01, con la quale è stato peraltro precisato che la sentenza non irrevocabile è utilizzabile come prova solo limitatamente all’esistenza della decisione e alle vicende processuali che sono in essa rappresentate, ma non ai fini della valutazione delle prove e della ricostruzione dei fatti oggetto di accertamento nel diverso procedimento penale).
Tanto premesso, la decisione della Corte d’appello di ritenere tardiva la richiesta di acquisizione della sentenza che era stata avanzata dall’imputato è errata in diritto.
La sentenza di primo grado del Tribunale è stata resa il 27/04/2015, mentre la sentenza della quale era stata richiesta l’acquisizione è stata resa il 28/02/2020.
Orbene, la Corte di cassazione ha avuto più volte occasione di ribadire che la regola stabilita dall’art. 603, comma 1, cod. proc. pen., secondo cui la richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale deve essere contenuta nell’atto di appello o comunque nei motivi aggiunti che devono essere presentati entro il termine previsto dall’art. 585, comma 4, cod. proc. pen., ha riguardo alla riassunzione di prove già acquisite nel dibattimento di primo grado o di prove nuove ma pur sempre preesistenti o scoperte prima della definizione del giudizio e non anche alle prove sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di primo grado di cui all’art. 603, comma 2, cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 48010 del 30/10/2019; Sez. 1, n. 50893 del 12/11/2014; Sez. 2, n. 22896 del 06/03/2008).
Quest’ultima decisione ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale, per asserito contrasto con i principi di ragionevolezza, di inviolabilità del diritto di difesa e con le garanzie del giusto processo, della disposizione di cui all’art. 603, comma 2, cod. proc. pen., per la parte in cui richiederebbe, ai fini della rinnovazione istruttoria, l’apprezzamento giudiziale dell’assoluta necessità in presenza di prove sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di primo grado se dedotte dopo il decorso del termine per la proposizione dei motivi aggiunti, dal momento che la preclusione all’assunzione di prove indicate oltre i termini per la proposizione dei motivi aggiunti opera soltanto con riguardo a quelle già acquisite nel dibattimento di primo grado e a quelle nuove ma pur sempre preesistenti o scoperte prima della definizione di quel giudizio).
La Corte di cassazione ha del resto altresì chiarito che, in tema di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, mentre nelle ipotesi di cui ai commi 1 (richiesta di riassunzione di prove già acquisite e di assunzione di nuove prove) e 3 (rinnovazione ex officio) dell’art. 603 cod. proc. pen. è necessaria la dimostrazione, in positivo, della necessità (assoluta nel caso del comma 3) del mezzo di prova da assumere, onde superare la presunzione di completezza del compendio probatorio, nell’ipotesi di cui al comma 2 del citato art. 603, al contrario, è richiesta la prova, negativa, della manifesta superfluità e della irrilevanza del mezzo, al fine di superare la presunzione, opposta, di necessità della rinnovazione, discendente dall’impossibilità di una precedente articolazione della prova, in quanto sopravvenuta o scoperta dopo il giudizio di primo grado (Sez. 3, n. 13888 del 27/01/2017. In senso sostanzialmente analogo: Sez. 3, n. 47963 del 13/09/2016; Sez. 3, n. 8382 del 22/01/2008.
Ne discende che, poiché la sentenza della quale era stata chiesta l’acquisizione, come si è visto, era sopravvenuta al giudizio di primo grado, la decisione di rigetto della richiesta di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale per tardività della stessa richiesta risulta, pertanto, come si è anticipato, erronea in diritto.
La sentenza impugnata deve, di conseguenza, essere annullata, con rinvio, per un nuovo giudizio, a un’altra sezione della Corte d’appello, la quale dovrà decidere in ordine all’ammissione di tale sentenza negli stessi termini che sono previsti dall’art. 495, comma 1, cod. proc. pen. (come dispone sempre il comma 2 dell’art. 603 cod. proc. pen.), considerandola:
a) quale documento, ex art. 234 cod. proc. pen., nel caso in cui la sentenza fosse risultata non definitiva (nel quale caso essa, come si è detto, sarebbe utilizzabile come prova solo limitatamente all’esistenza della decisione e alle vicende processuali che sono in essa rappresentate, ma non ai fini della valutazione delle prove e della ricostruzione dei fatti oggetto di accertamento nel diverso procedimento penale);
b) quale sentenza irrevocabile, ex art. 238-bis cod. proc. pen., nel caso in cui la stessa sentenza fosse risultata definitiva (nel quale caso, poiché il ricorrente ha dedotto che essa aveva accertato fatti inconciliabili con quelli in contestazione, il giudice del rinvio sarà tenuto a verificare la possibile incidenza della decisione irrevocabile, e anche degli elementi di fatto da essa risultanti, sulla posizione dell’imputato, come è stato chiarito dalla Corte di cassazione, tra le altre, con le già citate Sez. 2, n. 292 del 04/12/2013, dep. 2014 e Sez. 5, n. 81 del 24/10/2005.
