Cassazione penale, Sez. 6^, sentenza n. 37437/2024, udienza del 9 ottobre 2024, si è pronunciata su un ricorso in tema di riconoscimento interno di una sentenza di condanna emessa dall’autorità giudiziaria rumena.
In fatto
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello dichiarava il riconoscimento, agli effetti del d.lgs. n. 161 del 2010, della sentenza rumena, che aveva condannato DD alla pena di anni tre e mesi dieci di reclusione per i reati di traffico di influenze illecite, riciclaggio, falsità di atti amministrativi e traffico di documenti falsi.
Secondo la Corte di appello, i fatti per i quali DD era stato condannato erano previsti come reato anche dalla legge italiana.
Ricorso per cassazione
Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’interessato, denunciando violazione di legge in relazione agli artt. 25 Cost., 733 e 735 cod. proc. pen.: a fronte delle eccezioni sollevate dalla difesa sulla mancata corrispondenza tra i reati indicati nel certificato e quelli oggetto di condanna, la Corte di appello ha accolto soltanto quella relativa al reato di corruzione (correttamente qualificato come traffico illecito di influenze), ma non pronunciandosi su quella relativa ai reati di falso.
La condanna invero aveva ad oggetto il reato di falsità in scrittura privata, reato in Italia depenalizzato e che non poteva pertanto dar luogo ad esecuzione in Italia della relativa pena.
Decisione della Corte di cassazione
Il ricorso è fondato.
La censura difensiva investe il tema del requisito della c.d. “doppia incriminabilità”.
Come si evince dalla descrizione dei fatti, il ricorrente è stato condannato in Romania sia per il traffico di influenze illecite sia per aver, al fine di occultare i proventi illeciti di tale reato, trasferito il denaro ricevuto su conti di terze persone, alle quali aveva fatto firmare nel novembre 2013 un contratto di prestito e la ricevuta di restituzione che attestavano false circostanze.
Per tali fatti il ricorrente è stato condannato per i reati di traffico di influenze illecite (art. 291 del codice penale rumeno), di riciclaggio (art. 49 del codice penale rumeno) e di falsità in scrittura privata (art. 322 del codice penale rumeno).
Effettivamente in ordine alle condotte così descritte di falso difetta il requisito della doppia incriminabilità, in quanto i reati di cui all’art. 485 e 489 cod. pen. (per la parte relativa alle falsità in scrittura privata) sono stati depenalizzati.
Va escluso altresì che l’uso dei documenti falsi in esame possa rientrare nella fattispecie di “traffico di documenti falsi” per i quali, ai sensi dell’art. 11 d.lgs. n. 210 del 2010, non rileva la doppia incriminabilità (le autorità rumene hanno, sbarrato la relativa casella del modulo MAE).
Indipendentemente dalla nozione di “traffico”, va osservato che, benché la versione in lingua italiana della decisione quadro 2002/584/GAI faccia riferimento soltanto a “documenti falsi”, senza specificarne la tipologia, le versioni inglese e tedesca sono più chiare nel riferire il traffico ai documenti “amministrativi” falsificati.
Ne consegue dunque l’annullamento della sentenza impugnata.
In sede di rinvio va rammentato che, in caso di riconoscimento parziale della sentenza trasmessa dallo Stato membro di condanna, va attuata la procedura prevista dall’art. 1, comma 3, d.lgs. 161 del 2010 (Sez. 6, n. 42854 del 17/10/2023).
