Cassazione civile, Sez. 3^, ordinanza n. 23024/2024, pubblicata il 22 agosto 2024, ha chiarito che la provocazione di cui all’art. 599, comma 2, c.p., esclude la punibilità del reato di diffamazione ma non anche la natura di illecito civile del fatto, né la conseguente obbligazione risarcitoria del danno subito dal soggetto leso.
Essa si configura infatti non tanto come esimente ma quale scusante, idonea ad eliminare solo la rimproverabilità della condotta dell’autore del fatto in ragione delle motivazioni del suo agire, pur restando il fatto imputabile a titolo di dolo e, dunque, illecito.
Deve escludersi che la provocazione da parte della persona offesa del reato renda applicabile il meccanismo di cui all’art. 1227 c.c., concernente la diminuzione della misura del risarcimento in caso di concorso del fatto colposo del danneggiato, in quanto la determinazione dell’autore del delitto, di tenere la condotta illecita che colpisce la persona offesa, costituisce causa autonoma del danno, non potendo ritenersi che la consecuzione del delitto al fatto della provocazione esprima una connessione rispondente ad un principio di regolarità causale (Cass. Sez. 3, 18/10/2005 n. 20137; Cass. Sez. 3, 23/03/2016, n. 5679).
Nel caso di specie la Suprema Corte ha confermato la sentenza impugnata che, a fronte della lesione della reputazione artistica di un musicista, perpetrata attraverso affermazioni inserite nel sito internet del suo gruppo musicale, aveva escluso la possibilità di ridurre il risarcimento in ragione di una serie di dedotte provocazioni, tra cui la violazione di un marchio nella titolarità dei ricorrenti.
