Cassazione penale, Sez. 4^, sentenza n. 39640/2024, udienza del 9 ottobre 2024, ha chiarito i criteri di regolamentazione delle spese processuali a carico della parte soccombente nel giudizio riparatorio.
In fatto
La Corte d’appello ha accolto la richiesta di riparazione ai sensi dell’art. 314 cod. proc. pen., presentata nell’interesse di CC, procedendo alla liquidazione di una somma a titolo di indennizzo, con riferimento al periodo di sottoposizione agli arresti domiciliari per giorni quattro pari alla maggior detenzione subita rispetto a un corretto fine pena, disponendo la compensazione delle spese del procedimento, in ragione della non complessità delle questioni trattate, come confermato dalla brevità della memoria depositata nell’interesse del Ministero resistente.
Ricorso per cassazione
La difesa di CC ha proposto ricorso avverso la decisione sopra richiamata, formulando un motivo unico, con il quale ha dedotto violazione e/o falsa applicazione degli artt. 314 cod. proc. pen. e 90 e 91 cod. proc. civ., in relazione alla disposta compensazione delle spese, statuizione subordinata alla soccombenza reciproca ovvero alla ricorrenza di una questione di assoluta novità o a un mutamento di giurisprudenza, ma non alla non particolare complessità rilevata dal decidente.
Decisione della Corte di cassazione
In linea generale, va ricordato che, nel procedimento azionato ai sensi degli artt. 314 e 315, cod. proc. pen., la parte soccombente deve essere condannata, anche ex officio, al pagamento delle spese processuali, nel caso in cui, a seguito della costituzione del Ministero, sia stata rigettata la domanda di riparazione, salvo che lo stesso Ministero abbia chiesto la compensazione delle spese di giudizio (Sez. 4, n. 16867 del 30/1/2024, Rv. 286176, in cui, in motivazione, la Suprema Corte ha precisato che, nel caso in cui sia stata richiesta la compensazione delle spese, la statuizione di condanna della parte soccombente al pagamento delle spese giudiziali risulta emessa oltre i limiti della domanda, in violazione del principio di correlazione tra chiesto e pronunciato).
Regolamentazione delle spese che, anche nel procedimento di che trattasi, deve essere effettuata ai sensi dell’art. 92 cod. proc. civ., come risultante dalle modifiche introdotte dal dl. n. 132 del 2014 e dalla sentenza n. 77 del 2018 della Corte costituzionale.
Cosicché la compensazione può essere disposta, oltre che nel caso della soccombenza reciproca, soltanto nelle ipotesi di assoluta novità della questione trattata o di mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti nonché nelle analoghe ipotesi di sopravvenienze relative .a tali questioni e in quelle di assoluta incertezza che presentino la stessa, o maggiore, gravità ed eccezionalità delle situazioni tipiche espressamente previste dalla norma del codice di procedura civile indicata (Sez. 3, n. 36339 del 27/6/2019, Rv. 277663).
Alla luce di tale premessa in diritto, la censura difensiva è fondata.
Il procedimento per la riparazione dell’ingiusta detenzione, infatti, è a contraddittorio necessario – che si instaura con la notifica della domanda, a cura della cancelleria, al Ministero dell’economia e delle finanze – ma non a carattere contenzioso necessario, in quanto l’Amministrazione intimata può non costituirsi ovvero costituirsi aderendo alla richiesta del privato o rimettersi al giudice.
Ne consegue che, in questi ultimi casi, non essendovi contrasto di interessi da dirimere, non v’è soccombenza dell’Amministrazione e non può essere pronunciata la sua condanna alla rifusione delle spese, nonché degli eventuali diritti e onorari di rappresentanza e difesa in favore della controparte; mentre, qualora essa si costituisca, svolgendo una qualsiasi eccezione diretta a paralizzare o ridurre la pretesa dell’istante e veda rigettate le sue deduzioni o conclusioni, il contraddittorio si connota di carattere contenzioso e il giudice deve porre le spese stesse, nonché gli eventuali diritti e onorari a carico dell’Amministrazione soccombente o, se ne sussistono le condizioni, dichiararle totalmente o parzialmente compensate (Sez. U, n. 34559 del 26/6/2002, Rv. 2222264; Sez. 4, n. 15209 del 26/2/2015, Rv. 263141; n. 41307 del 2/10/2019, Rv. 277357).
Nella specie, il giudice della riparazione, senza previamente dare atto se, con la memoria depositata nell’interesse del Ministero resistente, questi avesse inteso paralizzare o contrastare la pretesa del richiedente, ha ritenuto di poter compensare le spese processuali alla stregua di un criterio non previsto dal parametro normativo (“non particolare complessità delle questioni trattate”).
Cosicché l’ordinanza impugnata deve essere annullata limitatamente alla regolamentazione delle spese tra le parti, con rinvio alla Corte d’appello per un rinnovato giudizio sul punto che tenga conto di tali principi di diritto.
