Secondo Cassazione penale, Sez. 5^, sentenza n. 38419/2024, udienza del 2 ottobre 2024, risponde di bancarotta preferenziale e non di bancarotta fraudolenta per distrazione l’amministratore che ottenga il pagamento di suoi crediti verso la società in dissesto – siano essi relativi a compensi e/o a rimborsi spese – una somma congrua rispetto al lavoro prestato (Sez. 5, n. 48017 del 10/07/2015, Rv. 266311; Sez. 5, n. 5186 del 02/10/2013, dep. 2014, Rv. 260196; Sez. 5, n. 46301 del 17/10/2007, Rv. 238291; Sez. 5, n. 43869 del 05/10/2007, Rv. 237975; Sez. 5, n. 23730 del 18/05/2006, Rv. 235325).
È stato, al riguardo, chiarito che, nell’ipotesi in cui l’amministratore, in assenza di una delibera assembleare o di una previsione statutaria, si sia ripagato di propri crediti verso la società, ricorre la fattispecie della bancarotta preferenziale di cui all’art. 216, comma 3, L. F., che punisce l’imprenditore o l’amministratore di società che disponga, in funzione solutoria, dei beni aziendali in una maniera non conforme alla posizione paritaria dei creditori disposta dal legislatore (cd. ‘par condicio, perché «All’esito dell’illecito ristoro la consistenza patrimoniale complessiva non è alterata: alla carenza della dotazione di ricchezza liquida, corrispondente al pagamento preferenziale, si riscontra la scomparsa di pari passività corrispondente», di modo che «qualora sussista una ragione giuridica effettiva e reale che sorregge la pretesa del creditore, il relativo soddisfacimento (a beneficio dello stesso soggetto attivo del reato ovvero di terzi) non può mai collocarsi tra le condotte di fraudolenza patrimoniale, sanzionate dal primo comma della norma di cui all’art. 216 L.F.» (Sez. 5, n. 23730 del 18/05/2006, in motivazione).
