Attacchi ad personam contro magistrati: storie di analfabetismo istituzionale (Vincenzo Giglio)

15 ottobre 2009.

La trasmissione Mattino 5 manda in onda un servizio ad personam.

Riguarda il magistrato Raimondo Mesiano, in servizio al Tribunale di Milano.

Un giudice apparentemente come tanti, tra i tanti.

A distinguerlo dalla massa c’è un dettaglio: è il redattore della sentenza che ha accordato alla CIR del finanziere Carlo De Benedetti un risarcimento danni di 750 milioni di euro a carico della FININVEST della famiglia Berlusconi.

Il servizio di Mattino 5 riprende Mesiano a sua insaputa e consegna all’opinione pubblica un’inquietante sequenza video: il giudice esce di casa, cammina per un po’, arriva presso una barberia, aspetta il suo turno, si fa tagliare i capelli, esce, attraversa una strada, raggiunge un parco pubblico, siede su una panchina, mette le gambe a cavalcioni, fuma.

Il video è accompagnato da un commento vocale, eccolo:

Sono passate poco più di ventiquattro ore da quando con la sua sentenza ha condannato la Fininvest a uno dei risarcimenti più alti della storia giudiziaria d’Italia: 750 milioni di euro in favore della CIR di Carlo De Benedetti. Ed eccolo in giro per Milano, il giudice Raimondo Mesiano. Nel suo week end lontano dalle scartoffie del Tribunale e dagli impegni istituzionali sveste la toga e si cala nei panni di comune cittadino, certo non di cittadino qualunque.  Alle sue stravaganze in realtà siamo ormai abituati. Passeggia, l’uomo Raimondo Mesiano, per le strade milanesi: davanti al negozio del suo barbiere di fiducia attende il turno. È impaziente. Non riesce a stare fermo. Avanti e indietro. Si ferma, aspira la sua sigaretta, e poi ancora avanti e indietro. Forse non sa ancora che il CSM lo sta promuovendo con un bel 7 che per un magistrato equivale a un 30 e lode universitario. Insomma, il massimo dei voti e un bell’aumento di stipendio. Lui va avanti e indietro. Avanti e indietro. Si rilassa solo al momento di barba e capelli (le immagini lo ritraggono mentre è sulla sedia del barbiere). Finita la toilette continua la sua passeggiata. Due sole volte si sofferma, una al semaforo, l’altra a pochi metri dal passaggio pedonale, per accendersi l’ennesima sigaretta della mattina, come fosse uno spot all’incontrario. Prima di uscire dal nostro campo visivo ci regala un’altra stranezza: guardatelo seduto su una panchina. Camicia, pantalone blu, mocassino bianco e calzino turchese, di quelli che in Tribunale non è proprio il caso di sfoggiare”. 

Uno scandalo appresso all’altro, non è vero?

Un giudice che nel suo tempo libero si fa tagliare i capelli dopo avere rispettato la fila, che passeggia, che fuma, anzi fuma tanto, che porta mocassini bianchi e, scandalo degli scandali, calzini turchesi.

Sono passati quindici anni ma i servizi ad personam sono ancora tra noi.

Senza risparmiare nulla a nessuno se quel nessuno decide in modo sgradito.

Vengono fuori orientamenti sessuali, genitorialità surrogate, e chissà cos’altro ancora bisognerà aspettarsi.

Diceva qualcuno che la storia si ripete sempre due volte: la prima volta come tragedia, la seconda come farsa.

Può essere ma in casi del genere sembra che tragedia e farsa si mescolino fino a fondersi e diventare un segno inequivocabile di analfabetismo istituzionale.

La magistratura e i singoli magistrati possono e anzi devono essere criticati ma non così, mai così.

Questa è solo barbarie.