Garantismo, garantisti e professionisti del garantismo (Francesco Bianchi)

Il garantismo è una cosa seria, importante, profonda.

Intorno a questo concetto ruotano tutti i principi nati durante l’illuminismo e sviluppatisi nel pensiero giuridico liberale fino alla consacrazione nella Costituzione e nelle più importanti carte internazionali del dopoguerra.

Il garantismo tratta del rapporto fra il potere e consociati, fra la potestà punitiva e gli accusati, fra gli arbìtri del potere e i cittadini: garanzie processuali, garanzie dell’imputato, garanzie per i condannati, garanzie per i detenuti, queste sono le declinazioni del garantismo penale.

E proprio perché è una cosa seria e importante, non abbiamo alcuna velleità di parlare del Garantismo.

Per questo ci hanno pensato le migliori menti del diritto penale degli anni ‘80, come Luigi Ferrajoli nel suo immortale “Diritto e Ragione, Teoria del garantismo penale” a cui rimandiamo e del quale consigliamo la lettura.

Quello che, invece, possiamo e vogliamo è dire qualcosa sui garantisti e sui professionisti del garantismo.

Quanto ai “garantisti”, quanti governanti sedicenti “garantisti” si sono susseguiti nel corso degli ultimi 20 anni?

Quanti magistrati, nei loro convegni, o – meglio ancora – in quelli organizzati dagli avvocati, proclamano la loro incondizionata e sempiterna adesione ai principi del garantismo penale?

Fare la storia di una legislazione penale populista e liberticida sempre di più tesa a svilire i diritti di difesa e le garanzie processuali, ovvero di una giurisprudenza creativa e moralizzante sempre pronta ad interpretazioni restrittive delle garanzie processuali e sostanziali è opera che richiederebbe ben altri spazi. E sarebbe del tutto inutile, perché ben nota a tutti gli operatori del diritto e ai lettori di queste pagine.
Il balletto del politico di turno che invoca le “garanzie” quando si trova nel banco degli imputati ed è pronto a negarle quando ci si trova un avversario politico, è immagine ormai stantia.

Come sono un dejà vù le continue iniziative securitarie e sanzionatorie che in base al colore politico colpiscono i volta in volta categorie sociali “avversarie”, dai colletti bianchi, agli amministratori pubblici, dagli stranieri a chi manifesta il dissenso. 

Questi “garantisti” della convenienza sono il male del garantismo perché istillando il dubbio che dietro il garantismo ci sia solo la voglia di farla franca o di abbattere un nemico, lanciano il messaggio che il garantismo sia solo un modo di proteggersi dalla Giustizia.

Mentre, invece, Garantismo e Giustizia sono la stessa cosa e valgono per me quanto per il mio nemico politico.

Quanto alla magistratura, basti come esempio che uno dei più acclamati magistrati degli ultimi 20 anni, presidente di un’importante corrente della magistratura, facente parte del Consiglio Superiore e presidente di sezione alla Suprema Corte, imputato, condannato in primo e secondo grado reclamando le garanzie a lui spettanti, ebbe a dire – senza che nessun suo collega ne prendesse pubblicamente le distanze – che un assolto spesso è un imputato che l’ha fatta franca.

Ma quello di cui vogliamo principalmente parlare sono i “professionisti del garantismo”.
Cioè tutti coloro, e soprattutto gli avvocati, che del garantismo hanno fatto una professione, nel senso che ne parlano, fanno commissioni e sottocommissioni, si confrontano, fanno tavole rotonde, aprono tavoli di trattative, lanciano manifesti, protestano quanto basta, non ottengono nulla e poi, di fronte alla nuova legge liberticida, si riconfrontano, fanno nuovi dibattiti, riaprono tavoli di trattativa, non ottengono ancora una volta nulla.

Sono bravi, non c’è che dire. Sono organizzati, fanno congressi sponsorizzati, distribuiscono crediti formativi come manna, salutano tutti i notabili del foro, fanno commissioni di lavoro, assegnano un po’ a tutti qualche incarico, elaborano documenti ineccepibili. Ed intanto il diritto penale liberale pian piano scompare.

A questi importa veramente del garantismo, ma non lo sanno difendere.
Poi ci sono i peggiori.

Quelli che del “professionismo del garantismo” hanno fatto una bandiera per ottenere prestigio professionale, per stare sui giornali, per partecipare ai convegni e fregiarsene in pubblico e soprattutto in privato, per accreditarsi con quello o quell’altro magistrato.

A questi non importa nulla del garantismo e non ne sanno neanche parlare.

Per loro gli ideali non sono i fini da perseguire, ma i mezzi per arrampicarsi professionalmente.

Questi sono la morte del garantismo.

Non è facile essere garantisti senza parlarsi addosso o senza pensare ad un tornaconto.

Però c’è chi ci è riuscito, chi lo fa tutti i giorni e chi continuerà a farlo… io voglio stare dalla stessa parte.