Il Consiglio Nazionale Forense con la sentenza numero 219/2024 ha ricordato che vìola l’art. 37 ncdf (già art. 19 cdf) l’avvocato presso il cui studio legale sia ubicata una associazione di categoria, perché lede l’immagine della classe forense al cospetto dei cittadini e degli assistiti, in quanto pone in essere le condizioni di potenziale accaparramento di clientela, indipendentemente dalla circostanza dell’effettivo raggiungimento di concreti vantaggi economici.
Nel caso di specie, la sede di una associazione attiva nel risarcimento dei danni da circolazione stradale aveva sede presso uno studio legale, o viceversa. In applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha ritenuto congrua la sanzione disciplinare della censura.
In senso conforme, Consiglio Nazionale Forense (pres. Mascherin, rel. Siotto), sentenza del 7 marzo 2016, n. 29, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Perfetti, rel. Florio), sentenza del 16 aprile 2014, n. 46, Consiglio Nazionale Forense (Pres. f.f. Vermiglio, Rel. Tacchini), sentenza del 29 novembre 2012, n. 170, nonché CNF n. 137/2008.
Si osservi in ogni caso che le argomentazioni del ricorrente in merito alla qualificazione dell’illecito addebitato, si pongono in contrasto con invalsa giurisprudenza domestica che, pur nel vigore dell’articolo 37 CDF, continua a ritenere sanzionabili condotte di accaparramento, anche a prescindere dall’effettiva instaurazione di un rapporto di clientela.
Sul punto, a titolo di esempio, si veda: “Costituisce violazione del divieto di accaparramento di clientela (art. 37 cdf, già art. 19 codice previgente), nonché lesione della dignità e del decoro della professione, il comportamento dell’avvocato che, senza esserne richiesto, offra una prestazione personalizzata, cioè rivolta a una persona determinata per uno specifico affare
Nel caso di specie, il professionista aveva pubblicato un annuncio sui social offrendo la propria assistenza, definita “altamente qualificata”, nelle azioni da promuovere in favore delle persone coinvolte e danneggiate, direttamente o indirettamente, in un tragico incidente ferroviario” così, Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 177 del 20 settembre 2023.
In senso conforme, si vedano Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 38 del 25 febbraio 2020; Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 10 ottobre 2017, n. 139.
In argomento cfr. pure Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 141 del 5 dicembre 2019.
Infatti, costituisce illecito disciplinare l’informazione, diffusa anche attraverso siti internet, fondata sull’offerta di prestazioni professionali gratuite ovvero a prezzi simbolici o comunque contenuti bassamente commerciali, in quanto volta a suggestionare il cliente sul piano emozionale, con un messaggio di natura meramente commerciale ed esclusivamente caratterizzato da evidenti sottolineature del dato economico (cfr. Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 148 del 6 dicembre 2019).
Analogamente va ribadito che “Costituisce violazione dei principi di decoro, probità, dignità e correttezza, nonché delle norme sulla riservatezza e sull’accaparramento della clientela, il comportamento dell’avvocato che rilasci interviste e partecipi a programmi televisivi all’uopo ingaggiando attori affinché interpretino la parte di clienti difesi con successo in vicende di grande clamore mediatico (nella specie, il naufragio della nave “Costa Concordia”), ovvero camuffando la propria identità personale, anche attraverso l’uso di parrucche o altro, per fingere così di essere il cliente a sua volta difeso con successo da altro avvocato compiacente (nella specie, il coniuge), per di più finendo smascherato da una popolare trasmissione televisiva
Nel caso di specie, in applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha ritenuto congrua la sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale per la durata di mesi quattro)”, così Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 141 del 5 dicembre 2019.
