Cassazione penale, Sez. 1^, sentenza n. 38624/2024, udienza del 12 luglio 2024, ha chiarito che è inibito al GIP l’ordine, rivolto al PM, di formulare imputazioni per reati diversi da quelli per cui sia stata domandata l’archiviazione, ovvero nei confronti di soggetti non iscritti nel registro delle notizie di reato, potendo semplicemente disporre, in tali casi, l’iscrizione nel registro delle notizie di reato, qualora rilevi fattispecie diverse da quelle per le quali si procede, ovvero fatti ascrivibili a soggetti diversi
In fatto
Con l’ordinanza impugnata, il GIP, a seguito di richiesta di archiviazione, in relazione al reato di cui agli artt. 582, 585 cod. pen., depositata dal PM competente, in data 9 marzo 2023, e della relativa opposizione all’archiviazione della persona offesa, deliberando ai sensi degli artt. 409, 411 cod. proc. pen., ha disposto l’imputazione coatta nei confronti di AL, anche in relazione al delitto di cui agli artt. 56, 575 cod. pen. oppure quello di cui all’art. 612, comma secondo, n. 2 cod. pen., al reato di violazione di domicilio, nonché alla contravvenzione di cui all’art. 4, comma 2, legge n. 110 del 1975.
Ricorso per cassazione
Avverso il provvedimento indicato, ha proposto tempestivo ricorso per cassazione il PM, affidandosi a due motivi, di seguito riassunti, nei limiti necessari alla stesura della motivazione, ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Con il primo motivo si denuncia violazione di cui all’art. 606 lett. c) cod. proc. pen., abnormità del provvedimento in relazione alle norme processuali di cui agli artt. 409 comma 5, cod. proc. pen. e 112 Cost. A parere del ricorrente, il provvedimento è abnorme posto che ha ordinato al pubblico ministero di formulare l’imputazione coatta, oltre che per il reato di lesioni personali, anche per i delitti di tentato omicidio da contestare in alternativa a quello di cui all’art 612, comma secondo, cod. pen., nonché per quello di violazione di domicilio di cui all’art. 614 cod. pen. e per la contravvenzione di cui all’art 4, comma 2, legge n. 110 del 1975, pur trattandosi di reati per i quali non si era proceduto all’iscrizione a carico dell’indagato e per i quali non era stata formulata alcuna richiesta di archiviazione. Si tratta di disposizione che, a parere del ricorrente, ha violato l’art. 409, comma 5, cod. proc. pen. travalicando i limiti posti dall’art 112 Cost. che assegna all’ufficio del PM la titolarità dell’azione penale.
Si richiama precedente delle Sezioni unite penali (n. 40984 del 2018), che ha affermato che costituisce atto abnorme, ricorribile per cassazione anche dalla persona sottoposta ad indagine, il provvedimento del GIP che, non accogliendo la richiesta di archiviazione, ordini ai sensi dell’art. 409, comma 5, cod. proc. pen., che il PM formuli l’imputazione per un reato diverso da quello oggetto della richiesta.
Nel caso di specie, l’imputazione coatta ha fatto riferimento non ad una diversa qualificazione degli stessi fatti, oggetto della richiesta di archiviazione, ma ad ulteriori reati, non sottoposti ad alcuno scrutinio all’esito delle indagini, posto che queste si erano limitate al delitto di lesioni personali aggravate, di cui agli artt. 582 e 585 cod. pen., unica condotta per la quale si era proceduto alle attività investigative. Non vi è, peraltro, secondo il ricorrente, alcun collegamento tra l’introduzione invito domino nell’altrui abitazione e una condotta minatoria, nonché rispetto a quella di cagionare a taluno lesioni. Unico collegamento, che poteva, in qualche modo, condurre a una diversa opzione in punto di qualificazione della condotta, è quello relativo al reato di tentato omicidio rispetto a quello di lesioni personali; tuttavia, nel caso di specie, si è formulata da parte del GIP un’imputazione alternativa.
Sotto tale profilo, si denuncia un ulteriore aspetto di abnormità del provvedimento tenuto conto che, secondo la giurisprudenza di legittimità, è abnorme il provvedimento con il quale il GIP, nel respingere la richiesta di archiviazione, ordini al PM l’imputazione coatta anche per un reato diverso in alternativa a quell’oggetto della richiesta (si richiamano, quali precedenti indicati come in termini, Sez. 5, n. 44926 del 28/09/2021; Sez. 2, n. 16779 del 20/4/2021)
Con il secondo motivo si deduce violazione di cui all’art. 606 lett. c) cod. proc, pen., abnormità, inosservanza ed erronea applicazione di legge penale e processuale in relazione all’art. 408 cod. proc. pen. L’art. 408 cit. prevede che il PM presenti al giudice la richiesta di archiviazione, quando gli elementi acquisiti non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna. La contestazione nella specie, invece, ordinata al PM viene svolta sulla base della circostanza che non erano emersi elementi di assoluta chiarezza dall’attività investigativa svolta, tali da escludere l’ipotesi di reato segnalando che il quadro probatorio era tale da apparire “aperto” alle risultanze dell’audizione in dibattimento e del confronto. A giudizio del ricorrente, il GIP ha omesso di utilizzare il criterio valutativo previsto dalla norma citata secondo il quale il compendio probatorio già acquisito è quello in base al quale va operata la valutazione sul se prevedere, ragionevolmente, che l’imputato possa essere condannato per il reato che gli verrà contestato.
Nel caso al vaglio, il giudice pur pacificamente ravvisando l’insussistenza di elementi solidi per giungere a una imputazione destinata a tradursi in una condanna per il delitto di tentato omicidio, ha ordinato la formulazione della contestazione perché dalle indagini non emergevano elementi di assoluta chiarezza per escludere la fondatezza della contestazione. Secondo, invece, l’attuale formulazione della norma, alla stregua del d. lgs. n. 150 del 10 ottobre 2022, vi è il dovere, da parte del Pubblico ministero, di non esercitare l’azione penale se non è in grado di soddisfare l’onere di fornire prove sulla responsabilità, ogni oltre ragionevole dubbio, posto che la norma si attesta sul formale richiamo alla “ragionevole previsione di condanna”. Il GIP, prima di ordinare l’imputazione coatta per il reato di tentato omicidio, non iscritto, avrebbe dovuto, applicando la regola di giudizio fissata dalla norma citata, ordinare l’iscrizione nel registro degli indagati o, comunque, invitare il PM a svolgere ulteriori indagini per verificare se i fatti, originariamente qualificati come lesioni personali, potessero integrare il più grave delitto di omicidio.
Decisione della Corte di cassazione
Il primo motivo di ricorso è fondato nei limiti di seguito indicati, con assorbimento del secondo motivo di ricorso.
Per affrontare la questione posta dal ricorrente, è necessario ricordare che le Sezioni unite penali sono intervenute per chiarire i limiti del potere di controllo da parte del GIP sulla notitia tracciando una chiara linea di demarcazione tra l’attività del PM e il potere di controllo del GIP nel procedimento di archiviazione.
Richiamandosi alla giurisprudenza costituzionale, le Sezioni unite hanno affermato che i confini tracciati dal legislatore, sui poteri dei due organi che si occupano delle indagini preliminari, sono ben definiti e conformi ai principi costituzionali dell’obbligatorietà dell’azione penale e della sua titolarità in capo all’organo requirente (art. 112 Cost.), riservando al giudice delle indagini la funzione di controllo e di impulso (cfr. Corte cost. n. 88 del 1991; n. 478 del 1993; n. 417 del 1991; n. 34 del 1994; n. 176 del 1999; n. 349 del 2002, nonché n. 263 del 12/06/1991, secondo cui l’ordine di formulare l’imputazione previsto dall’art. 409, comma 5 e art. 554, comma 2, del nuovo codice di procedura penale costituisce — come la Corte ha rilevato nella sentenza n. 88 del 1991 — un incisivo strumento di garanzia del rispetto sostanziale, non solo formale, del principio costituzionale di obbligatorietà dell’azione penale che esige che l’inazione del PM, manifestata con la richiesta di archiviazione, sia sottoposta a un penetrante controllo da parte del giudice.
A tal fine, occorreva provvedere per l’ipotesi in cui il dissenso tra pubblico ministero e giudice per le indagini preliminari circa l’idoneità degli elementi acquisiti a sostenere l’accusa sia determinato non da carenza di indagini, ma da divergenti valutazioni in ordine alla ricostruzione dei fatti ed alla loro riconducibilità in determinate figure criminose: e, stante la preminenza di quel principio, si è stabilito che dovesse prevalere la valutazione del giudice, cui si è di conseguenza attribuito il potere-dovere di ordinare che l’azione penale venisse esercitata attraverso la formulazione dell’imputazione). Il dato saliente dell’intervento regolatore attiene alla sfera di valutazione del GIP, non limitata a un semplice esame della richiesta finale del PM, ma estesa al complesso degli atti procedimentali rimessi al giudice dall’organo requirente, nel rispetto, però, sempre delle prerogative del pubblico ministero nell’esercizio dell’azione penale. Il travalicamento di questo limite determina l’abnormità.
Le Sezioni unite, con un primo intervento sul tema, hanno affermato che «è inibito ai giudice per le indagini preliminari ordinare al pubblico ministero la formulazione della imputazione nei confronti della persona indagata per ipotesi di reato diverse da quelle per le quali è stata richiesta l’archiviazione, dovendo in tal caso il giudice limitarsi a ordinare l’iscrizione nel registro di cui all’art. 335 cod. proc. pen. degli ulteriori reati che abbia ravvisato nelle risultanze delle indagini portate a sua conoscenza» (Sez. U, n. 4319 del 28/11/2013, dep. 2014, L., Rv. 257786).
Al riguardo, è stato, infatti, chiarito che «le disposizioni dell’art. 409 cod. proc. pen., commi 4 e 5, concernenti i poteri di intervento del giudice delle indagini preliminari sull’esercizio dell’azione penale, devono formare oggetto di interpretazione estremamente rigorosa, al fine di evitare qualsiasi ingerenza dell’organo giudicante nella sfera di autonomia della pubblica accusa».
Pertanto, «è abnorme il provvedimento del giudice per le indagini preliminari, nella parte in cui, oltre a ordinare al pubblico ministero l’iscrizione nel registro delle notizie di reato di una persona non sottoposta ad indagini, disponga nei confronti di quest’ultima la formulazione dell’imputazione coatta. È evidente, infatti, che siffatto provvedimento costituisce una indebita ingerenza del giudice nei poteri dell’organo inquirente, non solo di indagare, a tutto campo, nei confronti della persona non contemplata nella richiesta di archiviazione, ma soprattutto di adottare autonome determinazioni all’esito delle indagini espletate. L’ordine di imputazione coatta nei confronti di un soggetto non sottoposto ad indagini determina inoltre una lesione dei diritti di difesa dello stesso, non essendo la persona rimasta estranea alle indagini destinataria dell’avviso ex art. 409, comma 1, cit. e, non avendo partecipato all’udienza camerale, con la conseguente discovery delle risultanze delle indagini».
Secondo Sez. U, ricorrente Minervini: “È possibile estrapolare dal complesso delle regole dettate sia a livello di carta fondamentale (art. 112 Cost. e art. 24 Cost., comma 2), sia a livello di codice di rito (v. artt. 335, 405, 409 ss.) una linea di indirizzo piuttosto chiara: il GIP può concordare con il PM, e allora nulla quaestio; può dissentire e ritenere che il PM non abbia esercitato bene l’azione penale e allora, lungi dall’esercitarla egli stesso in contrasto con il dettato costituzionale dell’art. 112 Cost., può invitarlo a compiere ulteriori indagini, ed in tal caso, ove dette indagini debbano essere estese a persone non menzionate dal PM e/o per altri reati o per reati diversi, è giocoforza disporre che esse inizino secondo le regole, ossia sulla base degli adempimenti previsti dall’art. 335 c.p.p.; solo quando tali formalità siano adempiute e quindi l’attività di indagine sia stata rimessa nuovamente nelle mani e nelle valutazioni del PM, il GIP è abilitato ad emettere nuovamente i provvedimenti previsti dall’art. 409 c.p.p.” 2.2. Questi principi sono stati ribaditi in un caso di imputazione alternativa, in cui è stato affermato che costituisce atto abnorme il provvedimento con il quale il GIP, nel respingere la richiesta di archiviazione, ordini al PM l’imputazione coatta anche per un reato diverso “in alternativa” a quello oggetto della richiesta (Sez. 2, n. 16779 del 20/04/2021, Rv. 281130).
Invero, richiamando le più recenti Sezioni unite, ricorrente Gianforte, che hanno riconosciuto anche alla persona sottoposta ad indagini la possibilità di ricorrere per cassazione, stante l’abnormità dell’atto, avverso il provvedimento del GIP che, non accogliendo la richiesta di archiviazione, ordini, ai sensi dell’art. 409, comma 5, cod. proc. pen., che il PM formuli l’imputazione per un reato diverso da quello oggetto della richiesta (Sez. U, n. 40984 del 22/03/2018, Gianforte, Rv. 273581), è stato chiarito che il principio trova applicazione anche nel caso di imputazione coatta formulata in modo alternativo, posto che uno dei possibili dicta giudiziali ha, comunque, a oggetto un’ipotesi delittuosa del tutto nuova e diversa da quella originaria.
Secondo la linea interpretativa così tracciata, può ormai considerarsi ius receptum il principio, cui il collegio intende dare continuità, secondo cui è inibito al GIP l’ordine, rivolto al PM, di formulare imputazioni per reati diversi da quelli per cui sia stata domandata l’archiviazione, ovvero nei confronti di soggetti non iscritti nel registro delle notizie di reato, potendo semplicemente disporre, in tali casi, l’iscrizione nel registro delle notizie di reato, qualora rilevi fattispecie diverse da quelle per le quali si procede, ovvero fatti ascrivibili a soggetti diversi (conf., Sez. 1, n. 47919 del 29/09/2016, Rv. 268138).
Orbene, nel caso di specie, nel qualificare la condotta, il GIP ha prospettato una diversa, alternativa, qualificazione, rispetto anche al reato di cui agli artt. 582, 585, cod. pen. (artt. 56, 575 cod. proc. pen. e 612, comma secondo, n. 2 cod. pen.), oltre a ravvisare la sussistenza di altri titoli di reato per i quali manca del tutto l’iscrizione a carico di AL.
Sicché il GIP ha ordinato l’imputazione coatta per titoli di reato diversi da quello ipotizzato, nonché alternativi, così ponendo in essere un atto abnorme (Sez. 2, n. 16779 del 20/04/2021, Rv. 281130; Sez. 5, n. 44926 del 28/09/2021, Rv. 282251 – 01).
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e dispone la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica presso il Tribunale.
