Cassazione penale, Sez. 2^, sentenza n. 36187/2024, udienza del 12 giugno 2024, ha ribadito che la possibilità di applicazione disgiunta della confisca dalla misura di prevenzione personale, così come emerge dalle riforme normative operate dalla legge 24 luglio 2008 n. 125 e dalla legge 15 luglio 2009 n. 94, non ha introdotto nel nostro ordinamento una “actio in rem“, restando presupposto ineludibile di applicazione della misura di prevenzione patrimoniale la pericolosità del soggetto inciso, in particolare la circostanza che questi fosse tale al momento dell’acquisto del bene.
La Suprema Corte ha precisato che la pericolosità si trasferisce alla “res” per via della sua illecita acquisizione da parte di un soggetto socialmente pericoloso, in quanto rientrante in una delle categorie previste dalla normativa di settore, e ad essa inerisce in via permanente e tendenzialmente indissolubile) (Sez. U, n. 4880 del 26/06/2014, dep. 2015, Spinelli).
Data questa chiarissima affermazione di principio, merita di essere citata Cassazione penale, Sez. 6^, sentenza n. 33765/2023, udienza del 3 maggio 2023, emessa in risposta ad un ricorso con il quale si censurava la decisione della Corte territoriale di rigetto di un’istanza di revoca di un provvedimento di confisca disposto dal Tribunale delle misure di prevenzione.
Nel caso di specie, il ricorrente, premessa la propria assoluzione definitiva dall’imputazione associativa mafiosa sulla quale era stato fondato dal Tribunale il giudizio della sua pericolosità, sosteneva che la Corte avrebbe dovuto riconoscere il venir meno ex tunc della pericolosità medesima e trarne le corrette conseguenze in ordine alla revoca della misura di prevenzione patrimoniale.
La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso per genericità.
Ha rilevato a tal fine che il giudicato di assoluzione, in sé considerato, non integra automaticamente la causa di revocazione di cui all’art. 28, comma 1, lett. b), d.lgs. cit., atteso che la misura di prevenzione patrimoniale può essere revocata solo ed esclusivamente se il processo penale abbia accertato, nel merito, l’assoluta estraneità del proposto ai fatti reato sulla base dei quali, essendo stato ritenuto pericoloso, era stata ordinata la confisca (Sez. 1, n. 13638 del 16/01/2019, Rv. 275244; Sez. 2, n. 31549 del 06/06/2019, Rv. 277225).
Al riguardo – ha ritenuto il collegio – la Corte di merito ha fatto corretta applicazione del principio per cui la revoca ex tunc del provvedimento di confisca resta, ontologicamente, un rimedio straordinario, incompatibile con il mero riesame degli stessi elementi fattuali che hanno portato a disporre la confisca e con la rivalutazione, in particolare, di elementi negativamente delibati in quell’ambito, senza che sia dato neppure comprendere quale sia il novum decisivo.
Sotto altro profilo, ha osservato che la sentenza non è sopravvenuta alla conclusione del procedimento di prevenzione, né è stata conosciuta in epoca successiva, e non può pertanto rilevare ai fini della revocazione, per la previsione ostativa di cui all’art. 28. lett. b), cit.
Il collegio ha infine valorizzato l’indirizzo giurisprudenziale oramai consolidato dalla recentissima pronuncia delle Sezioni unite n. 43668 del 26/05/2022, Lo Duca, Rv. 283707, secondo la quale la prova nuova, rilevante ai fini della revocazione della misura di prevenzione patrimoniale ai sensi dell’art. 28 del d.lgs. 6 settembre 2001, n. 159, è sia quella sopravvenuta alla conclusione del procedimento di prevenzione, essendosi formata dopo di essa, sia quella preesistente ma incolpevolmente scoperta dopo che la misura è divenuta definitiva; mentre non lo è quella deducibile e non dedotta nell’ambito del suddetto procedimento, salvo che l’interessato dimostri l’impossibilità di tempestiva deduzione per forza maggiore.
Le Sezioni unite – ha ricordato la Corte – hanno invero chiarito che, pur costruito sul modello storico della revisione della condanna penale, il rimedio della revocazione non è ad esso del tutto sovrapponibile anzitutto in ragione della diversità di rango del bene su cui l’ablazione viene ad incidere – il patrimonio e non invece la libertà personale -.
Una nozione più selettiva di prova nuova si correla, invero, in questo ambito, ad istanze di maggiore stabilità del giudicato di prevenzione, rispetto a quello di condanna, sul presupposto che la misura ablativa, per quanto destinata ad incidere su un diritto costituzionalmente garantito quale quello di proprietà, risente comunque della natura patrimoniale dell’interesse da tutelare, costituendo essa non già una sanzione, quanto invece la naturale conseguenza dell’illecita acquisizione dei beni che ne formano l’oggetto (Sez. U, n. 4880 del 2014, dep. 2015, Spinelli, in motivazione; nello stesso senso Corte cost., sent. n. 24 del 2019 che ha ribadito l’estraneità delle misure di prevenzione allo statuto costituzionale e convenzionale delle pene; Corte EDU, 13/07/2021, Todorov c. Bulgaria, n. 50705 del 2011, che richiama, con riguardo alla confisca, il paradigma civilistico dell’actio in rem, nella specie finalizzato al recupero di beni oggetto di illecita accumulazione).
Si riaffaccia così dalla finestra l’accenno all’actio in rem che era stato scacciato dalla porta.
