Cassazione penale, Sez. 6^, sentenza n. 38151/2024, udienza dell’1° ottobre 2024, ha chiarito che spetta al tribunale, in sede di riesame, verificare la possibilità che il reato per cui si procede, unito in continuazione ad altri già giudicati, sia punito con pena inferiore a tre anni.
Vicenda giudiziaria
Il tribunale del riesame ha confermato l’ordinanza del GIP che ha disposto nei confronti di AM la misura coercitiva della custodia cautelare in carcere in relazione al delitto di cui agli artt. 110, 81 cod. pen., 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
Ricorso per cassazione
Unitamente ad altri motivi, il difensore censura la violazione degli artt. 273, 274 e 275 cod. proc. pen. e il vizio di motivazione in ordine alla proporzionalità della misura cautelare applicata e alla concretezza e attualità delle esigenze cautelari, anche in considerazione del tempus commissi delicti.
Il difensore rileva, in particolare, che l’applicazione della continuazione tra il delitto per il quale AM è stato arrestato in flagranza e condannato e quello per cui si procede in questa sede comporterebbe l’irrogazione di una pena inferiore ai limiti di cui all’art. 275 cod. proc. pen. Il Tribunale del riesame, tuttavia, avrebbe illegittimamente rimesso questa valutazione al giudice del merito.
Decisione della Corte di cassazione
Il motivo è fondato.
Il Tribunale ha escluso di poter formulare una prognosi di applicabilità della continuazione tra il delitto per il quale AM è stato condannato e quelli per i quali si procede in questa sede, con riferimento al mancato superamento della pena di tre anni ai sensi dell’art. 275, comma 2-bis, cod. proc. pen., in quanto questa prognosi è rimessa al giudice del merito ed è estranea alla cognizione del Tribunale del riesame.
Questo argomento è, tuttavia, giuridicamente errato in diritto.
Difatti, in tema di misure cautelari, ai fini del computo della pena concretamente irrogabile, previsto dall’art. 275, comma 2-bis, cod. proc. pen., è necessario considerare gli aumenti di pena conseguenti al cumulo materiale o giuridico e relativi a tutti i reati cui si riferisce la misura, mentre la disposizione dell’art. 278, cod. proc. pen., secondo cui non si tiene conto della continuazione per la determinazione dei limiti di pena entro i quali è consentita l’applicazione della misura cautelare, si riferisce alla determinazione dei limiti edittali previsti in astratto per l’applicazione delle misure cautelari (si veda Sez. 6, n. 9438 del 29/01/2019, Rv. 275289-01, fattispecie in cui la Corte ha rigettato il ricorso proposto avverso la misura cautelare in carcere disposta in relazione a plurimi reati di evasione, sul presupposto che per effetto della continuazione e della conseguente possibilità di aumentare la pena base fino al triplo, il giudice di merito aveva correttamente ritenuto irrogabile, all’esito del giudizio, una pena superiore a tre anni di reclusione).
Nel caso di specie la prognosi di applicabilità del regime della continuazione tra i reati per i quali si procede e quello, già giudicato, per il quale è intervenuto l’arresto, non è stata operata dal Tribunale ed è astrattamente favorevole al ricorrente, in quanto gli episodi di cui si controverte sono stati commessi in un ristretto lasso di tempo e per l’ultimo episodio il ricorrente è stato condannato alla pena di un anno e dieci mesi di reclusione.
Questa prognosi deve, dunque, essere operata dal Tribunale del riesame in conformità al disposto dell’art. 275 comma 2-bis, cod. proc. pen.
Annulla pertanto l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale competente.
