Affidamento in prova al servizio sociale all’estero: accertamenti e valutazioni spettanti al tribunale di sorveglianza (Vincenzo Giglio)

Chiarisce Cassazione penale, Sez. 1^, sentenza n. 37204/2024, udienza del 27 settembre 2024, che il Tribunale di sorveglianza, laddove se ne sia fatta specifica deduzione, deve tenere conto delle disposizioni della decisione quadro 2008/947/GAI del Consiglio, del 27 novembre 2008, sull’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze e alle decisioni di sospensione condizionale in vista della sorveglianza, delle misure di sospensione condizionale e delle sanzioni sostitutive, recepita in Italia con d.lgs. 15 febbraio 2016, n. 38.

L’esecuzione dell’affidamento in prova al servizio sociale può aver luogo nello Stato dell’Unione europea ove il condannato abbia residenza legale e abituale; e ciò in seguito all’entrata in vigore del d.lgs. 15 febbraio 2016, n. 38, che ha sovvertito il quadro normativo previgente che precludeva tale possibilità (Sez. 1, n. 20977 del 15/06/2020, Rv. 279338-01), «in quanto l’affidamento è assimilabile ad una “sanzione sostitutiva” ai sensi dell’art. 2, lett. e), di tale decreto, quale sanzione che “impone obblighi ed impartisce prescrizioni”, compatibili con quelli elencati nel successivo art. 4 e che costituiscono il contenuto del trattamento alternativo al carcere» (Sez. 1, n. 16492 del 25/05/2020, cit.).

E difatti, per un verso, «la comune adesione all’Unione Europea e al suo ordinamento assicura la reciproca adeguatezza, fra gli Stati, nell’adempimento dei compiti che derivano dal principio di collaborazione»; per altro verso, «il controllo sull’osservanza del contenuto prescrittivo della misura attiene all’esecuzione della stessa e costituisce, dunque, l’oggetto dell’attribuzione allo Stato di esecuzione».

Già con precedenti pronunce la Suprema Corte ha ritenuto sbrigativa e insufficiente la motivazione di diniego del Tribunale di sorveglianza che, come nel caso di specie, si limiti ad affermare che l’autorità estera non abbia «fornito riscontro alla richiesta di informazioni necessaria a compiere la valutazione di competenza, senza neppur precisare l’iter amministrativo seguìto e la concreta impossibilità di sollecitare detta autorità a dare corso alla richiesta di informazioni, ovvero di verificare se il condannato abbia fattivamente cooperato con dette autorità, sollecitandone l’intervento e mettendo a disposizione le informazioni necessarie» (Sez. 1, n. 22639 del 30/04/2024, n.m.). 

Inoltre, è stato chiarito che il comportamento collaborativo dell’interessato può tradursi in un onere informativo caratterizzato da particolare diligenza, ma rimane estraneo all’ambito dell’individuazione delle condizioni, in sede di esecuzione, dei controlli e delle relative competenze (Sez. 1, n. 25242 del 28/02/2024, n.m.). 

Nella vicenda in esame il Tribunale di sorveglianza formula una pur motivata prognosi negativa sull’affidabilità del condannato, che tuttavia rimane ancora non sufficiente, perché non correlata alla possibilità che la misura possa essere eseguita nel territorio dove frattanto si è trasferito per sopravvenute ragioni, da lui comunque pur tardivamente rappresentate, e che meritano di essere esaminate. 

L’ordinanza impugnata va, quindi, annullata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza competente perché, acquisite le ulteriori necessarie informazioni dalle competenti autorità romene nonché verificata la concreta disponibilità a cooperare del condannato, proceda alle determinazioni di competenza nell’assoluta libertà delle proprie valutazioni di merito.