Correzione di errore materiale: inutilizzabile per ovviare all’omesso inserimento in sentenza dell’ordine di demolizione di opere edili abusive (Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 3^, sentenza n. 37951/2024, udienza del 3 ottobre 2024, ha chiarito che la procedura di correzione di errore materiale opera unicamente laddove si tratti, come espressamente enunciato dall’art. 130 cod. proc. pen., di correggere errori od omissioni che non determinano nullità e la cui eliminazione non comporta una modificazione essenziale dell’atto.

Ciò premesso, impartire un ordine di demolizione presuppone un’attività ricognitiva da parte del giudice di merito, che deve verificare la sussistenza dei presupposti richiesti dall’art. 31, comma 9, d.P.R. 380/2001, dovendo egli, ad esempio, verificare se il manufatto non sia stato già demolito, eventualmente in esecuzione del relativo ordine impartito dall’autorità amministrativa, ovvero se esso non sia stato acquisito al patrimonio comunale in forza di una delibera che abbia dichiarato la sussistenza di prevalenti interessi pubblici.

L’accertamento di tali presupposti fattuali, la cui sussistenza inibisce al giudice di disporre l’ordine di demolizione, è perciò incompatibile con la nozione di errore materiale, il che osta alla possibilità per il giudice di ricorre alla procedura di cui all’art. 130 cod. proc. pen., salvo il caso in cui l’errore emerga ictu oculi dal testo della sentenza impugnata.

L’omessa statuizione dell’ordine di demolizione rappresenta perciò un error in iudicando, emendabile soltanto attraverso l’impugnazione della sentenza (o del decreto penale di condanna), che, nella specie, non risulta essere stata coltivata dal pubblico ministero (cfr. in tal senso, da ultimo, Sez. 3, n. 872 del 14/12/2023, dep. 2024, Rv. 285734 – 01; nonché, nel medesimo senso Sez. 3, n. 33642 del 21/04/2022, Rv. 283473 – 01, e Sez. 3, n. 12950 del 25/01/2021, Rv. 281240 – 01, con ampi richiami di giurisprudenza e, in particolare, a Sez. U, n. 8 del 18/05/1994, Armati, Rv. 198543 – 01, che ha affermato il principio secondo cui deve ritenersi esclusa l’applicabilità dell’art. 130 cod. proc. pen. quando la correzione dell’errore materiale si risolve nella modifica essenziale o nella sostituzione di una decisione già assunta, in quanto l’errore, quale che sia la causa che possa averlo determinato, una volta divenuto partecipe del processo formativo della volontà del giudice, non può che diffondere i suoi effetti sulla decisione: ma questa, nella sua organica unità e nelle sue essenziali componenti non può subire interventi correttivi, per quanto ampio significato si voglia dare alla nozione di “errore materiale” suscettibile di correzione).

Viceversa, sono sempre ammissibili gli interventi correttivi imposti soltanto dalla necessità di armonizzare l’estrinsecazione formale della decisione con il suo reale intangibile contenuto, proprio perché intrinsecamente incapaci di incidere sulla decisione già assunta).

L’ordinanza impugnata, con cui è stata indebitamente disposta la correzione della sentenza del 14 maggio 2024 del medesimo giudice, impartendo all’imputato l’ordine di demolire le opere abusive (non essendo, peraltro, neppure stati contestati nel giudizio conclusosi con la sentenza di applicazione della pena su richiesta reati edilizi, con la conseguente estraneità della disposta demolizione alla decisione cui essa accede), deve, pertanto, essere annullata senza rinvio, esulandosi dai casi di correzione di errore materiale, fermo restando il potere – dovere del giudice della cognizione dei reati urbanistici, oggetto di altro giudizio, di disporre la demolizione delle opere abusive.