Gratuito patrocinio per straniero non residente in Italia: l’istanza di ammissione non necessita del codice fiscale italiano (Riccardo Radi)

La Cassazione sezione 4 è intervenuta per annullare l’ordinanza del tribunale di Roma, stabilendo con la sentenza n. 30047/2024 che in tema di patrocinio a spese dello Stato, l’istanza di ammissione al beneficio presentata dal cittadino straniero comunitario, non residente in Italia, non necessita dell’allegazione del codice fiscale italiano.

Fatto

Con ordinanza il Tribunale di Roma rigettava l’opposizione proposta da S.V. avverso il diniego dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, disposta in quanto il S.V. non aveva indicato, nella relativa istanza, il proprio codice fiscale, come previsto a pena di inammissibilità dell’art. 79 DPR 155/2002, ma aveva indicato il codice fiscale di cui era titolare nello Stato di residenza (Romania) e la propria residenza all’estero.

A motivo della decisione il Tribunale rilevava che il ricorrente, cittadino rumeno residente in Italia, avrebbe dovuto, in quanto cittadino dell’Unione europea, richiedere il codice fiscale ad un ufficio territoriale della Agenzia delle Entrate, e non aveva dedotto né allegato nessun impedimento al riguardo.  

Decisione

L’art 79 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia), prevede, a pena di inammissibilità della domanda di ammissione al patrocinio dei non abbienti, l’indicazione del codice fiscale.

In sede di disciplina dei casi in cui è obbligatoria l’indicazione del codice fiscale, il testo dell’art. 6, secondo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 605 (Disposizioni relative all’anagrafe tributaria e al codice fiscale dei contribuenti), prevede espressamente che «l’obbligo di indicazione del numero di codice fiscale dei soggetti non residenti nel territorio dello Stato, cui tale codice non risulti attribuito, si intende adempiuto con la sola indicazione dei dati di cui all’art. 4» – dello stesso d.P.R. – «con l’eccezione del domicilio fiscale, in luogo del quale va indicato il domicilio o sede legale all’estero citato art. 4, primo comma, lettera a), del d.P.R. n. 605 del 1973 richiede, ai fini dell’attribuzione del numero di codice fiscale delle persone fisiche, esclusivamente i seguenti dati: cognome, nome, luogo e data di nascita, sesso e domicilio fiscale.

Il ricorrente ha dedotto che, al momento del deposito dell’istanza, era presente da soli 40 giorni sul territorio italiano e che dunque, al momento della presentazione della richiesta di ammissione del patrocinio a spese dello Stato, non aveva la titolarità di un codice fiscale italiano, ma del codice fiscale del paese di residenza (Romania), che aveva indicato nel ricorso unitamente al proprio domicilio nello stato di residenza.

Orbene, alla stregua della normativa sopra indicata, agli effetti dell’ammissibilità dell’istanza diretta ad ottenere il beneficio in questione, nulla appare escludere la possibilità che lo straniero non residente in Italia, pure se residente in un paese UE, in luogo dell’indicazione del codice fiscale, fornisca i dati di cui all’art. 4 citato, oltre al proprio domicilio all’estero.

Dalle norme in questione, infatti, non si ricava alcun onere, per il cittadino straniero non residente, di munirsi di un codice fiscale italiano al fine di avanzare la richiesta di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, fermo restando l’obbligo, di cui all’art. 76 del DPR 115 del 2002, di allegazione alla istanza del reddito prodotto come risultante dalla ultima dichiarazione presentata nel paese di residenza.

Né la lettura della ordinanza n.144 del 2004 della Corte costituzionale porta alle conclusioni cui è pervenuto il Tribunale di Roma. In quella sede il giudice delle leggi, decidendo sulla legittimità costituzionale dell’art. 79 DPR 115/ 2002 se interpretato nel senso di richiedere, a pena di inammissibilità, anche per il cittadino extracomunitario il codice fiscale, ha rilevato che la lettura congiunta dell’art. 6 e dell’art. 4 del DPR n.605 del 1973 consentiva di ritenere sufficiente, per il cittadino straniero irregolare, la sola indicazione del domicilio nel paese estero.

Dall’ordinanza citata non si ricava però, come si ritiene nel provvedimento impugnato, che il presupposto di applicazione dell’art. 4 DPR n.605 del 2002 sia il fatto che l’istante si trovi nella impossibilità di richiedere la titolarità del codice fiscale italiano.

Alla luce di quanto esposto si impone l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con rinvio al Presidente del Tribunale di Roma per nuovo esame.