Ricorda Cassazione penale, Sez. 7^, ordinanza n. 36834/2024, udienza del 23 settembre 2024, che la consolidata giurisprudenza di legittimità richiede, in vista della possibile applicazione della fattispecie di lieve entità prevista dall’art. 73, comma 5, DPR 309/1990, la valutazione di tutti gli elementi ivi descritti, sia quelli concernenti l’azione (mezzi, modalità e circostanze della stessa), sia quelli che attengono all’oggetto materiale del reato (quantità e qualità delle sostanze stupefacenti): così, Sez. 6, n. 45694 del 28/09/2016, Rv. 268293; Sez. 6, n. 27809 del 05/03/2013; Sez. U – n. 51063 del 27/09/2018, Murolo).
Deve in proposito rilevarsi che, al di là del peso ponderale, il grado di offensività della condotta di detenzione a fini di spaccio può essere rivelato in concreto dal dato del principio attivo e del numero delle dosi ricavabili e potenzialmente da diffondere sul mercato (Sez. 4, n. 24509 del 09/05/2018; Sez. 4, sentenza n. 50257 del 05/10/2023); e che le ipotesi di cd ” piccolo spaccio” si caratterizzano proprio per la modesta entità delle dosi divulgabili, detenute come provvista per la vendita, che devono essere conteggiabili ” a decine” (e non, come nel caso di specie, a centinaia, anzi migliaia: Sez. 6, n.15642 del 15 aprile 2015, Rv 263068-01).
Va inoltre aggiunto che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 40 del 2019, nel dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 73, comma 1, d.P.R. n. 309 del 1990, nella parte in cui prevede la pena minima edittale nella misura di otto anni di reclusione anziché di anni sei, si è soffermata sulla fattispecie di cui al comma 5 del citato art. 73, sviluppando considerazioni di certa conducenza ai fini di interesse e sulla base del diritto vivente in materia.
Nell’evidenziare la divaricazione di ben quattro anni venutasi a creare tra il minimo edittale di pena previsto dal comma 1 dell’art. 73 cit. e il massimo edittale della pena comminata dal comma 5 dello stesso articolo, il Giudice delle leggi ha rilevato che «il costante orientamento della Corte di cassazione è nel senso che la fattispecie di lieve entità di cui all’art. 73, comma 5, può essere riconosciuta solo nella ipotesi di minima offensività penale della condotta, deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati dalla disposizione».
Le considerazioni che precedono inducono conclusivamente a confermare che, secondo diritto vivente, l’ipotesi di reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990 risulta qualificata dalla minima offensività penale della condotta e che, al riguardo, il giudice di merito deve procedere ad una valutazione complessiva dei parametri indicati dalla citata norma incriminatrice pur potendo, all’esito, uno solo di essi essere ritenuto tale da escludere in modo preponderante che la lesione del bene giuridico protetto sia di «lieve entità». (ex plurimis: Sez. 4, n. 15490 del 22/03/2022; Sez. 4, n. 17674 del 09/04/2019; Sez. 6, n. 7464 del 28/11/2019, dep. 2020; Sez. 6, n. 3616 del 15/11/2018, dep. 2019; Sez. 4, n. 4948 del 22/01/2010).
