Aggravante con natura valutativa: criteri “evocativi” per la valida contestazione (Riccardo Radi)

La Cassazione sezione 5 con la sentenza numero 37142/2024 ha inteso ribadire i recenti approdi della giurisprudenza della medesima sezione in casi analoghi (tra le molte, Sez. 5, n. 14890 del 14/3/2024, Rv. 286291; Sez. 5, n. 14888 del 14/3/2024 e Sez. 5, n. 28108 del 7/6/2024), secondo cui l’aggravante con natura “valutativa” dell’essere la cosa sottratta destinata a pubblico servizio (art. 625, comma primo, n. 7, cod. pen.) è da ritenersi adeguatamente contestata anche ove venga evocata non esplicitamente ma con perifrasi o espressioni che la riguardino puntualmente, idonee a consentire all’imputato di difendersi e, per questo, utili a prendere il posto della contestazione formale.

Ciò perché le Sezioni unite, nella sentenza Sez. U, n. 24906 del 18/4/2019, Sorge, Rv. 275436, distinguendo tra aggravanti contestabili in fatto ed aggravanti con natura “valutativa”, che hanno bisogno di essere specificamente evocate nell’imputazione per potersi ritenere validamente contestate, ricostruiscono in modo articolato, e non con una soluzione rigida, la questione riguardante le modalità di contestazione delle aggravanti che non presentano la caratteristica di essere “autoevidenti”, vale a dire immediatamente percepibili da un agente “medio” nella loro portata aggravante del trattamento sanzionatorio, sì da potersi legittimamente ritenere contestabili “in fatto”.

Per le Sezioni unite, nel primo caso, è doverosa una contestazione che risulti chiara e precisa e che richiami l’imputato ad una difesa accorta e puntuale, visto che l’intera disciplina delle coerenza tra contestazione e sentenza è funzionale ad assicurare la piena esplicazione del diritto di difesa; ma è anche consentito che l’aggravamento derivante dalla destinazione pubblica del bene sottratto possa ritenersi adeguatamente contestato ed evidenziato mediante “espressioni evocative” che lo riguardino puntualmente, espressioni che, perciò, risultano anche idonee a prendere il posto della contestazione formale (quella cioè effettuata mediante l’indicazione dell’articolo di legge o del comma in cui è menzionata l’aggravante).

Seguendo l’ermeneutica della sentenza Sez. 5, n. 14890 del 2024, è proprio questo lo snodo rilevante della pronuncia Sorge che, se da un lato offre indicazioni circa i limiti da porre alla c.d. “contestazione in fatto” quando l’aggravante è di natura “valutativa”, d’altra parte, per questa ipotesi, non pretende di dettare un “criterio inflessibile” riguardante le modalità attraverso le quali possa perseguirsi l’intento di una contestazione chiara e precisa circa la natura effettiva del fatto aggravante.

Si opta, quindi, per una soluzione che necessariamente è influenzata dall’analisi della fattispecie concreta, con una consistente incidenza, e variabilità, delle scelte, da effettuarsi caso per caso.

Si legittimano, in tal modo, accanto alla contestazione formale di un’aggravante, anche metodi di contestazione non formale, purché capaci di rendere evidente all’imputato, con adeguata puntualità, che dovrà difendersi da un’accusa più grave; nella specie, l’accusa di avere sottratto un bene che si caratterizza per la specifica natura di essere posto al servizio di un interesse della intera collettività e diretto a vantaggio della stessa.

Tale scopo di chiara “divulgazione processuale” di un reato aggravato appare raggiunto quando — come nella specie e a differenza del caso deciso da Sez. 5, n. 3741 del 22/01/2024, Rv. 285878 — nel capo di imputazione si faccia menzione di una condotta di furto di energia, evidenziando la dicitura del servizio elettrico nazionale come ente che ha subito il reato, senza che rilevi, peraltro, il fatto che l’allaccio abusivo insista su terminali collocati in una proprietà privata, poiché ciò che conta è la destinazione finale della res sottratta ad un pubblico servizio da cui viene distolta.

Nel caso della sentenza n. 14890 del 2024, ad esempio, si è ritenuta correttamente contestata l’aggravante in esame nel caso di imputazione costruita intorno al richiamo all’allaccio diretto alla rete di distribuzione dell’ente gestore, la quale garantisce l’erogazione di un “servizio” destinato a raggiungere le utenze terminali di un numero indeterminato di persone, per soddisfare un’esigenza di rilevanza “pubblica”.

La casistica può essere, ovviamente, la più varia, ma l’essenziale è comprendere che il criterio di valida contestazione dell’aggravante con natura valutativa non è rigidamente ancorato a determinate terminologie ma postula margini di flessibilità lessicale e sintattica, avendo come unico obiettivo quello di informare adeguatamente l’imputato circa la natura del fatto che vale ad aggravare le conseguenze sanzionatorie.

Una tale necessità, inequivocamente stabilita dalle plurime norme codicistiche che descrivono la modalità con la quale deve essere effettuata la contestazione del fatto e delle sue aggravanti, deriva anzitutto dai principi costituzionali e della Convenzione europea dei diritti umani, che garantisce effettivi livelli di tutela del diritto di difesa (cfr. art. 6, par. 3, lett. a, CEDU).

Come ha ben chiarito ancora la sentenza n. 14890 del 2024, «il parametro per riconoscere la immediata percepibilità della portata giuridica aggravatrice insita nella evocazione di un fatto o di un atto è, dunque, la sfera delle conoscenze dell’uomo medio e cioè la possibilità per tale “agente” di percepire con un ragionamento semplice e diretto, la natura dell’atto o comportamento contestati come capaci di rendere il fatto in esame, esposto ad una valutazione più severa».

Pertanto, considerato che, nel caso in esame, l’imputazione, così come formulata, consente ad un agente medio di confrontarsi adeguatamente con l’accusa specifica che gli viene mossa, con la natura del bene sottratto e, quindi, con la ragione del trattamento sanzionatorio maggiormente gravoso, il Tribunale di Catania ha errato nel dichiarare l’improcedibilità per mancanza di querela, trattandosi di reato procedibile d’ufficio, così come rappresentato dal ricorrente.