Tu chiamale, se vuoi, omissioni: quando la difesa è un po’ così (Vincenzo Giglio)

Il fatto

GN viene assolta dalla contestazione di minacce per insussistenza del fatto.

Sfortunatamente, il giudice omette di provvedere sulla richiesta di condanna del querelante al risarcimento del danno e alla rifusione delle spese.

Il ricorso

La donna impugna la decisione con atto di appello che viene correttamente riqualificato in ricorso per cassazione.

La decisione

Il caso è deciso da Cassazione penale, Sez. 7^, ordinanza n. 36996/2024, udienza del 25 settembre 2024.

Ordinanza, sì, non sentenza.

Perché si è ritenuto che “le doglianze esposte nell’atto di impugnazione non siano enunciate nei termini richiesti dall’art. 606 comma 1 cod. proc. pen., poiché non si denuncia, con le forme richieste dall’art. 581 cod. proc. pen., alcuno dei vizi che consentono di accedere al giudizio di legittimità”.

E anche perché “la memoria depositata dal difensore del ricorrente […] non aggiunge argomenti decisivi al fine di superare la causa di inammissibilità del ricorso”.

Risultato: ricorso dichiarato inammissibile e condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, ritenuta equa, di euro cinquecento in favore della Cassa delle ammende.

Epilogo

Lo si ignora.

Così come si ignora se GN sia brava a fare dolci in casa.

Ma se lo fosse, si dubita fortemente che ne regalerebbe al suo difensore.