Ricorda Cassazione penale, Sez. 1^, sentenza n. 37212/2024, udienza del 27 settembre 2024, che «il riconoscimento della continuazione, necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea» (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, Rv. 270074-01).
In questa indagine, il giudice dell’esecuzione deve desumere la prova del medesimo disegno criminoso «da elementi indizianti quali l’unitarietà del contesto e della spinta a delinquere, la brevità del lasso temporale che separa i diversi episodi, l’identica natura dei reati, l’analogia del “modus operandi” e la costante compartecipazione dei medesimi soggetti, essendo sufficiente l’esistenza anche di alcuni soltanto di tali indici, purché significativi»; ma in ogni caso non può essere escluso il riconoscimento della continuazione in ragione della mancanza di uno di tali indici, senza che si proceda alla valutazione tutti gli altri (Sez. 2, n. 10539 del 10/02/2023, Rv. 284652-01; analogamente Sez. 1, n. 17878 del 25/01/2017, Rv. 270196-01).
A tali principi non si è conformato il provvedimento oggetto di ricorso; nelle sue premesse l’ordinanza ha richiamato tutti gli indicatori da valutare ai fini dell’applicazione dell’art. 81 cpv. ma, dopo avere evidenziato l’omogeneità delle violazioni, elemento che già poteva risultare significativo nei termini indicati dalla giurisprudenza sopra richiamata, ha escluso che ricorresse il requisito della prossimità temporale e ha svalutato la prossimità geografica dei luoghi di consumazione degli illeciti, apoditticamente ritenuta sintomatica della necessità di non allontanarsi troppo dal luogo di residenza e quindi neutra rispetto alla dimostrazione della predeterminata programmazione unitaria.
Se non appare sindacabile, perché plausibile, l’apprezzamento del giudice di merito con riguardo all’ampiezza dello spazio temporale tra le prime condotte del mese di aprile 2018 e quelle del mese di agosto 2018, che non consente di presumere che le seconde fossero state preordinate all’epoca delle prime, deve tuttavia rilevarsi che la sentenza del Tribunale di Campobasso e quella di Benevento riguardano fatti tutti commessi nel mese di agosto, mentre quella di Cassino riguarda fatti tutti avvenuti ad aprile.
Sicché la motivazione del giudice di merito risulta carente laddove non tiene conto della prossimità temporale di una parte dei fatti che si richiede di riunire sotto il vincolo della continuazione, in particolare quelli commessi nello stesso mese di agosto.
È noto, infatti, che il tempo all’interno del quale sono stati commessi più reati, «non esime il giudice dall’onere di verificare se la continuazione possa essere riconosciuta con riferimento a singoli gruppi di reati commessi, all’interno di tale arco, in epoca contigua, tenuto conto degli ulteriori indici rappresentati dalla similare tipologia, dalle singole causali e dalla contiguità spaziale» (Sez. 1, n. 7381 del 12/11/2018, dep. 2019, Rv. 276387-01).
L’ordinanza deve essere pertanto annullata con rinvio per un nuovo giudizio in cui il Tribunale di Benevento in composizione monocratica e in diversa persona fisica dovrà rivalutare, secondo l’insegnamento impartito dalle sezioni unite (sentenza n. 28659/2017 sopra richiamata), tutti gli ulteriori indicatori che non sono stati presi in esame nel provvedimento cassato con riguardo ai reati commessi nel mese di agosto 2018.
