La Corte di cassazione non può dichiarare inammissibili ricorsi sulla base di indirizzi interpretativi eccessivamente pretenziosi e formalisti, né può servirsi di tale prassi per erigere barriere difensive tra se stessa e i ricorrenti.
Si segnala ai lettori un’importante decisione della Corte di Strasburgo (allegata in lingua italiana alla fine del post).
Si tratta di Corte EDU, Sez. 1^, causa Patricolo ed altri c. Italia (ricorsi nn. 37943/17 e altri 2) emessa il 23 maggio 2024.
I giudici europei dei diritti umani si sono pronunciati sui ricorsi di alcuni cittadini italiani ed una società a responsabilità limitata che lamentavano la violazione in loro danno del diritto di accesso ad un’istanza giudiziaria protetto dall’art. 6 § 1, CEDU.
Prospettavano che la violazione sarebbe stata provocata da tre provvedimenti della Corte di cassazione civile che avevano dichiarato inammissibili i loro ricorsi a causa dell’omesso deposito delle relate di notifica delle decisioni impugnate.
Assumevano che la Corte di cassazione avrebbe peccato di eccessivo formalismo, così limitando ingiustificatamente il loro diritto di accesso ad una Corte.
Il Governo italiano si è opposto all’accoglimento dei ricorsi.
La Corte EDU ha accolto due di essi, ravvisando l’effettività della dedotta violazione dell’art. 6 § 1 poiché le decisioni di inammissibilità avevano compromesso la vera essenza del diritto di accesso ad una Corte.
Sono di particolare rilievo le proposizioni cruciali attorno alle quali si è sviluppata la motivazione: l’eccessivo formalismo equivale a negare l’accesso alla giustizia; è contrario a tale diritto l’uso di norme procedurali finalizzato a creare barriere inaccessibili tra i ricorrenti e il giudice al quale si rivolgono.
