L’errato funzionamento di un software di riconoscimento facciale come sospetta causa di un errore giudiziario: il caso finisce in Parlamento (Riccardo Radi)

Potrebbe essere stato indagato per l’identificazione (errata) delle immagini video-registrate da parte di un software di riconoscimento facciale, con una sfortuna aggiuntiva”: la revoca del mandato di arresto, dopo il riconoscimento del disguido non viene comunicata in tempo alle autorità italiane.

Il caso è stato portato in Parlamento dal deputato Devis Dori (AVS) con l’interrogazione numero 4-03515 al Ministro della Giustizia Nordio.

Nell’interrogazione si legge:

in data 20 agosto 2024 è stato emesso un mandato di arresto internazionale da parte dall’ufficio del pubblico ministero del Cantone di Ticino (Svizzera) nei confronti del signor A.C., cittadino rumeno, accusato di essere l’autore di due reati di furto e violazione di domicilio a Lugano e Ascona il 28 giugno 2024 e il 5 luglio 2024;

in esecuzione del mandato in data 24 settembre 2024, verso le ore 10, A.C., mentre era sul posto di lavoro, è stato prelevato dai Carabinieri per essere condotto nella casa circondariale «Regina Coeli» di Roma, in attesa dell’estradizione;

in realtà, come riportato dalle fonti di stampa, nelle date interessate dai furti il signor A.C. si trovava in Italia e svolgeva il suo regolare turno di lavoro presso la ditta L. C. S.r.l.;

l’avvocato del signor A.C. ha prontamente contattato, tramite e-mail, il procuratore generale elvetico, il quale, rispondendo sempre via mail, ha affermato che il mandato d’arresto, evidentemente emesso per errore, era stato revocato da 20 giorni: “per un probabile disguido amministrativo la precedente decisione di revoca datata 4.9.2024 non è giunta a corretta destinazione”;

a seguito del contatto è stata emessa, in data 25 settembre 2024, la revoca immediata della misura cautelare da parte della IV sezione della corte d’appello di Roma;

se i Ministri interrogati intendano verificare, per quanto di competenza, le cause di quelli che sono stati definiti «disguidi» che di fatto hanno comportato la limitazione della libertà personale del signor A.C., in spregio delle norme costituzionali”.

La sfortuna colpisce due volte ma gli interrogativi sono molteplici e riguardano le modalità di identificazione dell’autore dei furti e il mancato inoltro o corretto ricevimento dell’e-mail che comunicava la revoca del mandato di arresto.

A.C., dopo una notte passata a Regina Coeli, ha potuto riabbracciare la sua famiglia. “È stata fatta giustizia, ma noi vogliamo capire che cosa sia accaduto. Non è possibile ritrovarsi in carcere in questa maniera”, aggiunge Manrico Pensa, il legale dell’operaio.

Il sospetto del difensore è che l’uomo sia stato accusato sulla base di un algoritmo legato all’intelligenza artificiale, che lo avrebbe individuato analizzando in maniera errata le immagini delle videocamere di sorveglianza della gioielleria.