La Cassazione sezione 5 con la sentenza numero 36586 depositata il 2 ottobre 2024 ha annullato senza rinvio la sentenza di condanna per diffamazione che vedeva parte offesa un avvocato, stabilendo che non integra il delitto di diffamazione (art. 595 cod. pen.) la condotta di chi invii un esposto al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati contenente dubbi e perplessità sulla correttezza professionale di un legale, considerato che, in tal caso, ricorre la generale causa di giustificazione di cui all’art. 51 cod. pen., “sub specie” di esercizio del diritto di critica, preordinato ad ottenere il controllo di eventuali violazioni delle regole deontologiche.
Fattispecie in cui l’imputato, aveva comunicato al Consiglio dell’Ordine che l’avvocato era stato scorretto perché aveva partecipato ad un’assemblea condominiale senza averne titolo in quanto “ospitato” dalla moglie unica proprietaria dell’immobile e altre frasi ironiche sul legale.
La Suprema Corte ha ricordato che in tema di diffamazione, il requisito della continenza postula una forma espositiva corretta della critica rivolta – e cioè strettamente funzionale alla finalità di disapprovazione e che non trasmodi nella gratuita ed immotivata aggressione dell’altrui reputazione – e non può ritenersi superato per il solo fatto dell’utilizzo di termini che, pur avendo accezioni indubitabilmente offensive, hanno però anche significati di mero giudizio critico negativo di cui deve tenersi conto anche alla luce del complessivo contesto in cui il termine viene utilizzato.
Nel caso di specie, l’iniziativa dell’imputato era finalizzata ad ottenere il controllo da parte dell’organo competente di eventuali violazioni di regole deontologiche poste in essere dal legale e non voleva quindi lederne la dignità e reputazione.
La condotta dell’imputato rientra quindi nell’esercizio del diritto di critica di cui all’art. 51 cod. pen., non avendo l’imputato inteso divulgare a chicchessia fatti attinenti alla persona offesa oggetto delle proprie censure ma solo investire l’organo a ciò deputato della valutazione della correttezza dell’operato del legale.
Quindi, l’esposto al Consiglio dell’Ordine, contenente dubbi e perplessità sulla correttezza professionale dell’avvocato, non integra il delitto di diffamazione se utilizza una forma espositiva corretta e una critica rivolta alla verifica da parte dell’organo competente di eventuali violazioni di regole deontologiche poste in essere dal proprio iscritto.
