La sentenza emessa ai sensi dell’articolo 554 ter cpp di non luogo a procedere è possibile esclusivamente appellarla o è possibile il ricorso per saltum in cassazione?
Al quesito la Suprema Corte risponde con due sentenze di segno diametralmente opposto, la prima che propende per l’appello è stata emessa dalla cassazione sezione 2 sentenza numero 28063/2024 in data 30 maggio 2024 e l’altra per il ricorso diretto in cassazione dalla sezione 5 sentenza numero 20145/2024 in data 13 marzo 2024.
La cosiddetta cattedra nomofilattica, oramai, sempre più spesso ci ha abituato a sentenza contrastanti che sarcasticamente ci portano a dire ma siamo sicuri che: “Meno male che la Cassazione c’è”.
La Cassazione sezione 2 premette che in relazione alla sentenza di non luogo a procedere prevista dall’art. 428 cod. proc. pen., la Suprema Corte ha affermato che la stessa è appellabile e non ricorribile in cassazione, neppure mediante ricorso per saltum, poiché detta facoltà è conferita dall’art. 569 cod. proc. pen. esclusivamente avverso la sentenza che definisce nel merito il primo grado di giudizio, ovvero avverso altre tipologie di decisione espressamente previste, sicché il ricorso proposto in sede di legittimità avverso la sentenza ex art. 425 cod. proc. pen. deve essere qualificato come appello (Sez. 5, n. 18305 del 23/01/2019, Rv. 275916 – 01; Sez. 3, n. 5452 del 27/10/2022, P., Rv. 284138).
In senso contrario sì è, invece, ritenuto che il riferimento dell’art. 569 cod. proc. pen. alla sentenza di primo grado non limiti la facoltà di proporre ricorso diretto per cassazione (Sez. 5, n. 12864 del 18/01/2022, Rv. 283367).
Fatta la premessa la cassazione sezione 2 ha ritenuto che gli argomenti utilizzati per valutare le modalità di impugnazione della sentenza di non luogo a procedere emessa all’esito dell’udienza preliminare siano utilizzabili anche con riguardo all’impugnazione proposta contro la sentenza di non luogo a procedere pronunciata ai sensi dell’art. 554-bis cod. proc. pen. dal giudice dell’udienza di “comparizione predibattimentale”.
Tanto premesso, si ritiene condivisibile l’indirizzo ermeneutico maggioritario che ritiene “non” proponibile il ricorso per saltum nei confronti della sentenza di non luogo a procedere.
Questo per due ordini di ragioni:
(a) in primo luogo, perché la lettera dell’art. 569 cod. proc. pen. si riferisce alla “sentenza di primo grado”, formula che evoca la celebrazione del giudizio e che osta all’estensione – ove non espressamente prevista – del ricorso diretto alle sentenze “processuali” di non luogo a procedere che precedono il “giudizio”;
(b) in secondo luogo, perché l’art. 554-quater cod. proc. pen., che disciplina le impugnazioni proposte nei confronti della sentenza di non luogo a procedere pronunciata ai sensi dell’art. 554-ter, all’esito dell’udienza “filtro“, prevede che, nel caso in cui non confermi la sentenza, il giudice d’appello fissi una data per l’udienza dibattimentale di fronte ad un giudice diverso da quello che ha pronunciato la sentenza, ovvero pronuncia sentenza di non luogo a procedere con forme formula meno favorevole.
Dunque, militano a favore della non proponibilità del ricorso diretto per cassazione nei confronti della sentenza di non luogo procedere prevista dall’art. 554-ter cod. proc. pen. sia l’interpretazione letterale, che quella sistematica, dato che è prevista una specifica modalità di “riattivazione” della progressione processuale, affidata espressamente al giudice di appello.
Pertanto, ritenere che possa essere interposto ricorso diretto per Cassazione implicherebbe, in caso di accoglimento del gravame, un aggravio procedurale (l’accoglimento del ricorso implicherebbe un annullamento con rinvio al giudice di appello), in contrasto con il principio di ragionevole durata del processo.
Nel caso in esame il Procuratore della Repubblica proponeva ricorso diretto per cassazione nei confronti della sentenza di non luogo a procedere pronunciata all’esito dell’udienza c.d. “filtro”: tale ricorso deve essere, pertanto, qualificato come appello.
Mentre la cassazione sezione 5 con la sentenza numero 20145/2024 ha ritenuto di accogliere il ricorso del Procuratore generale presso la Corte d’appello di Salerno avverso la sentenza pronunciata all’esito dell’udienza predibattimentale di cui all’art. 554-ter cod. proc. pen., dal Tribunale di Salerno.
La sentenza non spende una parola sull’ammissibilità del ricorso diretto in cassazione, nonostante le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore generale, dott. Ssa …, la quale ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso e le distinte memorie nell’interesse degli imputati, con le quali, del pari, si chiede dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi.
Della serie: “Meno male che la Cassazione c’è”.
Tra l’altro la cassazione non ha speso una parola sull’ammissibilità del ricorso del Procuratore generale anche ai sensi dell’articolo 554 quater comma 1 c.p.p. può “proporre appello” solo ed esclusivamente “nei casi di cui all’articolo 593 bis comma 2”, quindi nei casi di avocazione o qualora il procuratore della Repubblica abbia “prestato acquiescenza al provvedimento”.
Nel caso esaminato si trattava di una diffamazione e non c’è alcun riferimento all’intervenuta avocazione delle indagini o all’acquiescenza della Procura.
Ma non sarà che il cartolare porta a delle sentenza incomprensibili?
