La Cassazione sezione 1 con la sentenza numero 34760/2024 ha stabilito che ai fini dell’emissione del decreto di irreperibilità, l’obbligo di disporre le ricerche all’estero sorge soltanto se quelle svolte nel territorio dello Stato consentono di individuare la località ove l’imputato dimora o esercita abitualmente la sua attività e in cui, quindi, può utilmente effettuarsi la ricerca per l’accertamento di un esatto indirizzo.
La Suprema Corte ha stabilito che “ai fini del a emissione del decreto di irreperibilità, l’obbligo di disporre le ricerche al ‘estero, sorge soltanto se quelle svolte nel territorio dello Stato consentono di individuare. la località ove ‘Imputato dimora o esercita abitualmente la sua attività ed in cui, quindi, può utilmente effettuarsi la ricerca per l’accertamento di un esatto indirizzo” (Sez. 6, sentenza n. 29147 del 03/06/2015).
La valutazione sulla completezza o meno delle ricerche va effettuata “con riferimento agli elementi, conosciuti o conoscibili, risultanti dagli atti al momento in cui vengono eseguite, senza che eventuali notizie successive possano avere incidenza “ex post” sulla legittimità della procedura (nella specie, la Cassazione ha ritenuto immune da vizi l’ordinanza con cui è stato valutato irrilevante, ai fini della richiesta cli rimessione in termini per impugnare l’ordinanza di carcerazione, il fatto, successivamente emerso, che il condannato, dopo due anni dalle ricerche, fosse divenuto reperibile e che, al momento dell’emissione del decreto di irreperibilità, fosse verosimilmente detenuto all’estero)“. (Sez. 3, sentenza n. 21670 del 16/02/2018, Rv. 272634).
Nel caso in esame non risulta, né viene allegato, che alla data in cui è stato emesso il decreto di irreperibilità fosse noto l’indirizzo del condannato in Germania e pertanto non dovevano essere espletate ulteriori ricerche all’estero.
