Mandato di arresto europeo: illegittimo se strumentale ad esigenze investigative indeterminate (Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. F, sentenza n. 32999/2024, udienza del 20 agosto 2024, ha escluso la legittimità dei mandati di arresto europei finalizzati ad esigenze meramente investigative, fatta eccezione per i casi in cui gli atti istruttori da compiere siano specificamente individuati fin dall’origine.

L’art. 1, par. 1, della decisione quadro 2002/584/GAI definisce il mandato d’arresto europeo (di seguito MAE) come «una decisione giudiziaria emessa da uno Stato membro in vista dell’arresto e della consegna da parte di un altro Stato membro di una persona ricercata ai fini dell’esercizio di un’azione penale o dell’esecuzione di una pena o una misura di sicurezza privative della libertà».

Tale definizione non contempla un MAE strumentale ad esigenze meramente investigative, dovendo lo stesso pur sempre essere finalizzato all’esercizio dell’azione penale.

La Suprema Corte ha, peraltro, affermato che non può essere data esecuzione ad un MAE emesso esclusivamente per sottoporre la persona richiesta in consegna ad atti di istruzione (nella specie, interrogatori e confronti), perché in tal modo verrebbe impiegato lo strumento coercitivo per finalità investigative, non previste dalla decisione-quadro del 13 giugno 2002 e dalla relativa legge di attuazione del 22 aprile 2005 n. 69 (Sez. 6, n. 15970 del 17/04/2007, Rv. 236378).

Vero è che la giurisprudenza di legittimità ha, in altre occasioni, ritenuto legittima la consegna in esecuzione di MAE ai fini dell’esercizio dell’azione penale in relazione al provvedimento volto a consentire l’assunzione di un interrogatorio (Sez. 6, n. 43386 del 11/10/2016, Rv. 268305), di un confronto (Sez. 6, n. 51511 del 18/12/2013, Rv. 58510) e accompagnamento a fini investigativi per l’espletamento dell’interrogatorio e della ricognizione formale (Sez. 6, n. 45043 del 20/12/2010, Velardi, Rv. 249219). Con tali pronunce, tuttavia, sono stati decisi casi nei quali gli atti istruttori da compiere erano specificamente individuati, determinati ab origine, e non assolutamente indeterminati, come nel caso di specie.

Le ricordate pronunce, nella parte in cui fanno riferimento alla legittimità del MAE sia per l’assunzione di prove nel procedimento penale che per ragioni esclusivamente investigative, devono essere, inoltre, attualizzate attraverso la comparazione dei più risalenti principi con gli strumenti che realizzano la finalità della collaborazione fra Stati, alla stregua della direttiva 2014/41/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 3 aprile 2014, relativa all’ordine europeo di indagine penale (OEI).

Il considerando n. 25 di quest’ultima direttiva sancisce che «La presente direttiva stabilisce le regole sul compimento in tutte le fasi del procedimento penale, compresa quella processuale, di un atto di indagine, se necessario con la partecipazione della persona interessata ai fini della raccolta di elementi di prova. Ad esempio, un ordine europeo di indagine può essere emesso per il trasferimento temporaneo di tale persona nello Stato di emissione o per lo svolgimento di un’audizione mediante videoconferenza. Tuttavia, qualora tale persona debba essere trasferita in un altro Stato membro ai fini di un procedimento penale, anche per comparire dinanzi a un organo giurisdizionale per essere processata, dovrebbe essere emesso un mandato d’arresto europeo (MAE) in conformità della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio».

Il considerando n. 26 aggiunge che «Per garantire un uso proporzionato del MAE, l’autorità di emissione dovrebbe esaminare se un OEI costituisca un modo efficace e proporzionato per svolgere i procedimenti penali. L’autorità di emissione dovrebbe esaminare, in particolare, se l’emissione di un OEI ai fini dell’audizione di una persona sottoposta a indagini o di un imputato mediante videoconferenza possa costituire una valida alternativa».

Tali previsioni dimostrano come, nel diritto dell’Unione europea, il mandato di arresto europeo non possa essere emesso esclusivamente per finalità investigative, disancorate dall’esercizio dell’azione penale nello Stato richiedente, in quanto per il perseguimento delle legittime finalità investigative sono previsti strumenti alternativi della cooperazione europea nello spazio giuridico comune. L’obiettiva incertezza circa le ragioni che sono state poste a fondamento dell’adozione del MAE di cui si controverte, anche alla luce dello stesso tenore della decisione impugnata in cui da un lato si fa riferimento ad un MAE emesso “ai fini istruttori/processuali“, dall’altro ad una ordinanza cautelare “emessa in relazione al reato contestato e per evitare il pericolo di fuga“.

Il giudice del rinvio dovrà dunque chiarire, anche mediante la richiesta di informazioni integrative all’autorità emittente, ai sensi dell’art. 16 della legge n. 69 del 2005, quali siano gli atti processuali e/o istruttori da compiere con la presenza della persona richiesta in consegna, e se la sua presenza, sia indispensabile per il prosieguo del procedimento o ai fini dell’esercizio dell’azione penale e della impossibilità di assicurarne, secondo le regole del processo croato, la celebrazione senza la presenza fisica dell’imputato in loco.

Solo tale accertamento consentirà, infatti, di chiarire se il MAE sia conforme al paradigma delineato dall’art. 1, par. 1, della decisione quadro 2002/584/GAI ed esaminare compiutamente la censura svolta dal ricorrente.

Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere pertanto accolto e deve essere disposto l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello perché provveda ai chiarimenti sopra indicati.