Impugnazioni: la firma digitale dell’avvocato che “c’è ma non si vede” (Riccardo Radi)

L’ultima in ordine di tempo sulle firme digitali che risultano apposte ma non sono leggibili per le anomalie del sistema software che non le rileva, un tema che francamente non ci appassiona ma accompagna giornalmente la vita professionale degli avvocati.

La Cassazione sezione 4 con la sentenza numero 34784 depositata il 16 settembre 2024 ha stabilito che in materia processuale è valido il ricorso in cassazione anche se il sistema informatico non rileva la firma digitale dell’avvocato.

L’inammissibilità, infatti, può essere dichiarata solo nei casi di deposito dell’atto di impugnazione privo della sottoscrizione del difensore e non nell’ipotesi in cui si sia verificata un’anomalia che non consente di leggere la firma.

La Suprema Corte ha richiamato il principio affermato dalla cassazione sezione 3 con la sentenza numero 10470/2024 (non massimata) secondo il quale il mancato riconoscimento della sottoscrizione digitale da parte del sistema “Arubasign” non è causa di inammissibilità del ricorso perché tale inammissibilità consegue solo alla mancanza della sottoscrizione digitale e non al mancato riconoscimento o alla irregolarità della stessa, a ciò deve aggiungersi che, nel caso di specie, non è controversa la provenienza dell’atto di impugnazione dall’indirizzo di posta certificata del difensore di fiducia dell’imputata sicché possono trovare applicazione i principi affermati dalle Sezioni unite civili con la sentenza numero 6477 del 12 marzo 2024.

Alla fine della fiera rimane da fare la considerazione se tutto questo ha un senso.

La firma è stata apposta ma il sistema non permette la sua lettura e dobbiamo arrivare in cassazione per sentire ribadire un principio semplice semplice … la firma digitale apposta, che il sistema non rileva, c’è anche se non si vede.