Processo Open Arms: la Procura di Palermo chiede la condanna di Matteo Salvini (Vincenzo Giglio)

Si avvicina, con la richiesta di condanna dell’imputato, la conclusione dinanzi al Tribunale di Palermo del primo grado del giudizio intentato dalla Procura della Repubblica della stessa città nei confronti di Matteo Salvini, accusato dei reati di sequestro di persone e rifiuto di atti d’ufficio per avere impedito, nella qualità di Ministro dell’Interno pro-tempore, lo sbarco di numerosi migranti dalla nave della ONG Open Arms, bloccata al largo dell’isola di Lampedusa.

La vicenda

I fatti si svolgono per intero nel mese di agosto del 2019.

È in corso la XVIII Legislatura: il Governo, espressione di una coalizione formata dal Movimento Cinque Stelle e dalla Lega, è guidato da Giuseppe Conte; Matteo Salvini, leader della Lega, ha il doppio ruolo di vicepresidente del Consiglio dei ministri e di Ministro dell’Interno.

L’1° agosto la nave Open Arms, della ONG spagnola Pro-activa Open Arms, interviene due volte al largo della costa libica, soccorrendo e salvando oltre cento naufraghi.

Il 2 agosto il comandante richiede un porto di sbarco al nostro Paese: la risposta delle autorità italiane è negativa e viene posto il divieto di ingresso nelle nostre acque territoriali.

L’8 agosto, il Presidente del Tribunale per i Minorenni di Palermo e il Procuratore della Repubblica presso lo stesso Tribunale, inviano una missiva indirizzata ai Ministri dell’Interno, della Difesa e delle Infrastrutture, comunicando che, il giorno prima, il legale rappresentante della fondazione Open Arms ha depositato un ricorso segnalando che la nave aveva prestato soccorso in mare a ventotto minorenni in condizioni di emergenza e pericolo di vita, dei quali chiedeva lo sbarco sul suolo. Chiedono, pertanto, di conoscere quali provvedimenti i Ministri intendano adottare in osservanza della normativa internazionale e nazionale che impone il divieto di respingimento alla frontiera o di espulsione dei minori stranieri non accompagnati, riconoscendo loro, invece, il diritto ad essere accolti in strutture idonee, nonché di avere nominato un tutore e di ottenere il permesso di soggiorno.

Il 9 agosto Open Arms effettua un terzo intervento, soccorrendo 39 persone.

Lo stesso giorno il Garante Nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale invia una missiva al Comandante Generale della Guardia Costiera Italiana, evidenziando possibili profili di responsabilità, in capo alle Autorità Italiane, derivanti dalla violazione dei diritti fondamentali dei migranti soccorsi dalla Open Arms, riconosciuti dal diritto internazionale, e in particolare dalla Convezione di Ginevra del 1951 e dalla CEDU.

Il 14 agosto, in accoglimento dell’istanza di “misure cautelari monocratiche” proposta dai legali di Open Arms con il ricorso avverso il decreto interministeriale del 1° agosto 2019, il Presidente della Sezione Prima ter del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio sospende con proprio decreto l’efficacia del divieto di ingresso disposto con il decreto medesimo.

Lo stesso giorno il Ministero dell’Interno predispone e firma solitariamente un nuovo decreto interdittivo per la Open Arms.

Sempre lo stesso giorno, il Presidente del Consiglio dei ministri, invia una missiva al Ministro dell’Interno, rappresentandogli di avere avuto notizia della presenza di soggetti minorenni a bordo della Open Arms e invitandolo ad adottare con urgenza i necessari provvedimenti per assicurare loro assistenza e tutela.

Ancora lo stesso giorno, mentre le condizioni meteo peggiorano con un mare forza 4, Open Arms entra nelle acque territoriali italiane.

Nelle prime ore del 15 agosto chiede un punto di fonda presso Lampedusa e il Comando generale della Guardia Costiera lo concede. Il Ministro dell’Interno viene informato della circostanza ma non indica un posto sicuro (POS, Place of safety).

Nella mattina dello stesso giorno, addetti della Capitaneria di Porto e della Guardia di Finanza salgono a bordo della Open Arms ed effettuano un sopralluogo congiunto unitamente a personale sanitario del CISOM (Corpo Italiano di Soccorso dell’Ordine di Malta). Il verbale redatto nell’occasione rappresenta precarie condizioni igienico-sanitarie e la presenza di diverse patologie a carico dei migranti a bordo. Costoro sono in numero di 147, hanno a disposizione due soli bagni chimici e sono costretti a espletare i propri bisogni fisiologici nello stesso spazio in cui dormono e mangiano. Vengono inoltrate ulteriori richieste di POS che rimangono ignorate.

Il 17 agosto il Ministro dell’Interno autorizza, “suo malgrado” e solo per ottemperare alle indicazioni provenutegli dal Presidente del Consiglio, lo sbarco a Lampedusa di 27 minori non accompagnati.

Il 18 agosto cinque migranti si lanciano in mare e lo stesso fanno altri in momenti successivi. Vengono tutti recuperati dal personale della Open Arms.

Il 20 agosto il Procuratore della Repubblica di Agrigento, sale a bordo della Open Arms e vi effettua un’ispezione, avvalendosi di due medici in qualità di consulenti tecnici. Costoro riscontrano numerosi casi di scabbia, pediculosi del pube e infezione delle vie respiratorie, nonché uno stato di generale di profonda sofferenza psicologica dei migranti a bordo. Segue il sequestro preventivo in via d’urgenza della nave Open Arms e, di conseguenza, lo sbarco di tutti i migranti, avvenuto a partire dalle ore 19:24.

La cornice normativa: il decreto-legge n. 53/2019 (cosiddetto decreto sicurezza bis)

Il 14 giugno 2019 viene pubblicato sulla Gazzetta ufficiale il decreto-legge n. 53/2019, contenente “Disposizioni urgenti in materia di ordine e sicurezza pubblica”.

Il provvedimento entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione, dunque il 15 giugno 2019.

È di seguito convertito con modifiche dalla Legge n. 77/2019, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 9 agosto 2019 ed entrata in vigore il 10 agosto 2019.

Nella premessa del d.l. si afferma che è straordinariamente necessario e urgente “prevedere misure volte a contrastare prassi elusive della normativa internazionale e delle disposizioni in materia di ordine e sicurezza pubblica”, “rafforzare il coordinamento investigativo in materia di reati connessi all’immigrazione clandestina, implementando, altresì, gli strumenti di contrasto a tale fenomeno”, “garantire più efficaci livelli di tutela della sicurezza pubblica, definendo anche interventi per l’eliminazione dell’arretrato relativo all’esecuzione dei provvedimenti di condanna penale divenuti definitivi”, “rafforzare le norme a garanzia del regolare e pacifico svolgimento di manifestazioni in luogo pubblico e aperto al pubblico”, “assicurare i livelli di sicurezza necessari per lo svolgimento dell’Universiade Napoli 2019 nonché di integrare la disciplina volta a semplificare gli adempimenti nei casi di soggiorni di breve durata”, “potenziare l’efficacia delle disposizioni in tema di rimpatri” e, infine, “rafforzare gli strumenti di contrasto dei fenomeni di violenza in occasione delle manifestazioni sportive, nel più ampio quadro delle attività di prevenzione dei rischi per l’ordine e l’incolumità pubblica”.

…Il contenuto del decreto sicurezza bis

Il testo del d.l. è composto da diciotto articoli.

Se ne sintetizzano i due più significativi per la vicenda di cui si parla.

Si attribuisce (articolo 1) al Ministro dell’Interno, ma con il concerto dei Ministri della Difesa e delle Infrastrutture e dei Trasporti e l’obbligo di informare il Presidente del Consiglio dei ministri, la facoltà – da esercitare nel rispetto degli obblighi internazionali assunti dall’Italia – di limitare o vietare l’ingresso, il transito o la sosta di navi nel mare territoriale per motivi di ordine e sicurezza pubblica oppure quando si verifichino le condizioni previste dall’articolo 19, comma 2, lettera g), della Convenzione di Montego Bay (cosiddetta Convenzione UNCLOS) del 10 dicembre 1982 sul diritto del mare, cioè quando il passaggio di una nave straniera sia pregiudizievole per la pace, il buon ordine e la sicurezza del nostro Paese in dipendenza della violazione di leggi o regolamenti doganali, fiscali, sanitari o di immigrazione (il cosiddetto  passaggio non inoffensivo).

Se il comandante della nave viola la normativa internazionale o le limitazioni o i divieti posti ai sensi dell’articolo 1, lo stesso comandante, l’armatore e il proprietario, salve le sanzioni penali per il caso che il fatto costituisca reato, sono sanzionati amministrativamente dal Prefetto competente per territorio (con importi che vanno da 10.000 a 50.000 euro) e, in caso di reiterazione della violazione compiuta usando la stessa nave, questa è sequestrata e confiscata (articolo 2).

…Il problematico potere ministeriale di limitare o vietare l’ingresso, il transito o la sosta di navi nel mare territoriale

Il potere discrezionale attribuito al Ministro dell’Interno dall’art. 1 del d.l. n. 53/2019 può essere esercitato, come si è visto, sulla base di parametri vaghi (ordine e sicurezza pubblica) oppure alle condizioni previste dall’articolo 19, comma 2, lettera g) della Convenzione di Montego Bay le quali presuppongono una violazione di leggi o regolamenti il cui accertamento, particolarmente se si tratti di violazione di norme penali, spetta alla magistratura ordinaria e non certo a un organo del potere esecutivo.

Dunque, da un lato un eccesso di discrezionalità e dall’altro la possibilità sempre latente di sconfinamenti e conflitti col potere giudiziario.

Si consideri inoltre che il potere in esame deve esercitato nel rispetto degli obblighi internazionali assunti dal nostro Paese.

Si ricordano tra questi, ma senza pretesa di completezza: l’articolo 33 della Convenzione di Ginevra per il quale “Nessuno Stato contraente espellerà o respingerà, in qualsiasi modo, un rifugiato verso i confini di territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a motivo della sua razza, della sua religione, della sua cittadinanza, della sua appartenenza a un gruppo sociale o delle sue opinioni politiche”; l’articolo 19 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea che pone tra l’altro il divieto di allontanare, espellere o estradare individui verso Stati in cui esiste un rischio serio di essere sottoposti alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti; l’articolo 98 della Convenzione di Montego Bay che impone agli Stati di predisporre un servizio adeguato di ricerca e soccorso per tutelare la sicurezza marittima e di esigere dai comandanti della navi che battono la loro bandiera di prestare soccorso a chiunque sia trovato in mare in condizione di pericolo; la Convenzione internazionale sulla ricerca e il salvataggio marittimi adottata ad Amburgo il 27 aprile 1979 (cosiddetta Convenzione SAR) che prevede la ripartizione delle zone SAR (Search and rescue) tra gli Stati interessati e il loro obbligo di intervenire ove abbiano notizia della presenza nella zona marittima di loro competenza di esseri umani in pericolo di vita, di recuperarli e di fornire loro un luogo sicuro di sbarco (Place of safety).

È chiaro, senza con ciò indulgere in allarmismi o pregiudizi, che un esercizio non meditato del potere ministeriale configurato dall’articolo 1 del d.l. 53/2019 potrebbe comportare, nell’eventualità che si incroci con missioni umanitarie di salvataggio, violazioni delle norme di diritto internazionale pattizio appena elencate.

Note conclusive

Da un lato un imputato che rivendica con fierezza di aver mantenuto la promessa fatta ai suoi elettori di tenere sicuri i confini italiani ed impedire che le coste nazionali diventino l’approdo privilegiato di scafisti criminali e immigrati clandestini.

Dallo stesso lato l’assoluzione recente per insussistenza del fatto di quello stesso imputato per la vicenda analoga della nave Gregoretti e l’archiviazione dell’ulteriore caso della nave Diciotti.

Sempre dallo stesso lato la possibile considerazione come atti politici insindacabili delle scelte fatte e dei provvedimenti emessi o non emessi da Matteo Salvini in quel tormentato agosto del 2019.

Dall’altro le proposizioni della Procura di Palermo, in questi giorni esitate in una richiesta di condanna.

C’è poi un’ulteriore contrapposizione possibile ma stavolta è tra la visione di Matteo Salvini e quella di Mimmo Lucano, ispiratore e protagonista della primavera di Riace, brutalmente interrotta dall’indagine giudiziaria a carico di quest’ultimo.

Entrambi, com’è evidente, hanno avuto un ruolo nella definizione o nell’attuazione concreta delle politiche di accoglienza ai migranti.

Entrambi, nelle rispettive funzioni, hanno rappresentato il volto pubblico offerto allo sguardo dei migranti. 

È meglio, tuttavia, parlare di due volti: l’uno, quello del Sindaco Lucano, attento all’umanità individuale e collettiva dei migranti ospitati a Riace; l’altro, quello del Ministro, guardingo, preoccupato, diffidente, che non scorge persone ma flussi, per di più costosi. Dietro questa duplicità si staglia una gigantesca differenza di visione, tra chi vede nel migrante una risorsa preziosa e chi ci vede invece un problema, tra chi pensa che la politica abbia come suo compito essenziale offrire parità di chance a tutti e chi è convinto al contrario che le spetti solo di prendere atto delle differenze che la conformazione delle società umane rende inevitabili.

Nascono da questa differenza domande che pure bisognerebbe farsi.

Dove sia davvero il preminente interesse pubblico, se nell’accoglienza o nel respingimento. Quale sia il modello che realizza compiutamente l’idea di comunità suggerita dalla Costituzione e quale quello che la nega.

 Se quell’idea sia rimasta confinata nella Costituzione formale e ormai scacciata da quella materiale oppure abbia ancora uno spazio nelle coscienze degli individui e nelle formazioni sociali che ne accompagnano lo sviluppo e ne assicurano la rappresentanza.

Se il dibattito debba esaurirsi tra chi plaude all’accoglienza e chi la considera una iattura, senza potere e dovere ambire a una revisione dei principi fondamentali che ci tengono insieme o se invece sia legittima la spinta di chi, in nome di una mutata sensibilità, pretende che si faccia spazio a un’idea comunitaria e a un senso identitario assai più circoscritti ed esclusivi di quanto sia stato in passato.

Solo domande alle quali ognuno può dare la risposta che preferisce.