Quando i giudici della Suprema Corte prendono un abbaglio sul calcolo dei termini per dichiarare l’inammissibilità di un ricorso non sempre c’è possibilità di rimedio.
La Cassazione sezione 5, con la sentenza numero 25019/2024 segnalata a Terzultima Fermata da una collega toscana, dimostra che la matematica può essere un’opinione e ad alcuni errori di calcolo non c’è rimedio per la sfortunata vittima.
Fatto
L’avv. E.Z., difensore delle parti civili … ricorre per cassazione avverso la sentenza del Tribunale di Prato che, quale giudice d’appello, ha riformato la pronuncia con la quale il Giudice di pace di Prato ha affermato la penale responsabilità di M.M. in ordine al delitto di diffamazione, e lo ha assolto, revocando, altresì, la condanna al risarcimento del danno in favore delle costituite parti civili.
La difesa dell’imputato eccepisce la tardività del ricorso perché presentato fuori termine e qui entra in gioco la matematica e la personalissima opinione dei giudici di legittimità.
Decisione
L’estensore in maniera tranchant scrive: “Il ricorso è stato tempestivamente proposto.
La sentenza impugnata è stata emessa dalla corte territoriale in data 02 dicembre 2014 e il termine per il deposito della motivazione è stato indicato in novanta giorni ai sensi dell’art. 544, comma 3, cod. proc. pen., sicché lo stesso andava a scadere il 02 marzo 2015.
La motivazione della sentenza è stata depositata in data 19 dicembre 2014 e, dunque, entro il termine stabilito dal giudice.
Il ricorso per cassazione è stato depositato in data 20 aprile 2015, nel termine di quarantacinque giorni di cui all’art. 585, comma 1, lett. c), cod. proc. pen.
È pertanto, infondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dall’imputato”.
La decisione conseguente è l’accoglimento del ricorso (in realtà inammissibile perché fuori termine) e “l’annullamento della sentenza impugnata agli effetti civili con rinvio per nuovo giudizio al giudice civile competente per valore in grado di appello, cui rimette anche la liquidazione delle spese tra le parti del presente giudizio”.
Peccato che il termine di 90 giorni andando a scadere il 2 marzo del 2015 determina che il termine ultimo per il deposito del ricorso (ricordiamo di 45 giorni) è scaduto prima del 20 aprile del 2015, precisamente il 16 aprile 2015, ed allora come porre rimedio all’evidente errore in cui sono incorsi i cinque giudici in ermellino?
Commento
Qualcuno dirà che si potrebbe procedere con il ricorso straordinario per errore materiale o di fatto ex art. 625 bis cpp.
Disgraziatamente no, perché nel caso che ci interessa non c’è stata una sentenza di condanna.
Sul punto citiamo l’ultima sentenza interpretativa in ordine di tempo della cassazione sezione 2 numero 12685/2024 che ha stabilito: “È infatti assolutamente consolidato l’orientamento di questa Corte secondo cui il ricorso straordinario per errore di fatto non è proponibile nei confronti delle decisioni della Corte di cassazione che intervengono ante iudicatum dovendosi annoverare, tra questi, ed a titolo solo esemplificativo, i provvedimenti emessi in fase cautelare, le decisioni in materia di misure di prevenzione, a quelle in materia dì rimessione del processo, le decisioni processuali in materia di estradizione o di mandato di arresto europeo, nonché quelle decisioni nelle quali la pronuncia della Cassazione, pur avendo come presupposto il giudicato, non è tuttavia destinata ad incidere in alcun modo sull’accertamento della responsabilità, come nelle decisioni in materia di indennizzo per ingiusta detenzione o di riabilitazione) (cfr., Sez. U, Sentenza n. 13199 del 21/07/2016 Cc., dep. 17/03/2017, Nunziata, Rv. 269790). Si è infatti chiarito (cfr., già, Sez. U., n. 16103 del 27/3/2002, Basile, rv. 221283; conf., Sez. 5 nr. 30373 del 16/06/2006, rv. 235323; Sez. 3, nr. 43697 del 10/11/2011, rv. 251411), che soltanto la sentenza della Corte di cassazione che renda incontrovertibile la pronuncia di condanna resa in sede di merito consente di ricorrere allo strumento di cui all’art. 625-bis cod. proc. pen., che, appunto, appresta un rimedio destinato “a favore del condannato”, con formulazione tassativa non suscettibile di interpretazione estensiva o analogica a casi non previsti, quali le decisioni che intervengano su questioni incidentali (cfr., Sez. 1, n. 46433 del 12/01/2017, rv. 271398; Sez. 2, n. 41363 del 16/09/2015, rv. 264658; Sez. 6, n. 2430 dell’8/10/2009, rv. 245772; Sez. 6, n. 18982 del 28/3/2006, rv. 234624; Sez. 1, n. 26660 del 12/06/2002, rv. 222095).
Ciò che rileva, ai fini della proponibilità del ricorso per Cassazione, non è perciò soltanto la tipologia di errore rimediabile, ma, ancor prima, la qualità del ricorrente, che deve avere la veste del “condannato”, con la conseguenza per cui oggetto del ricorso straordinario possono essere soltanto le sentenze di condanna e che l’estensione a decisioni emesse all’interno di procedimenti incidentali trova insuperabile preclusione nel divieto dell’interpretazione analogica, conseguenza del carattere pacificamente eccezionale del rimedio straordinarie di cui all’art. 625- bis cod. proc. pen.”
Quindi niente ricorso straordinario se non sei stato condannato in sede di merito e così dovrai subire un giudizio civile in realtà evitabile se la Cassazione sapesse far di conto, come scrivevamo all’inizio.
Purtroppo, alle volte per la Suprema Corte la matematica è un opinione e non solo … la matematica.
