Si segnala che con ordinanza del 24 maggio 2024 il Tribunale di Padova nel procedimento penale a carico di MC ha sollevato questione di legittimità costituzionale in ordine alla preclusione della sospensione del procedimento con messa alla prova per i delitti di cui all’art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990 (Produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope).
Il testo dell’ordinanza del Tribunale di Padova è consultabile a questo link.
Il Tribunale di Padova ha premesso che l’istituto della messa alla prova prevede la possibilità per l’imputato di ottenere l’estinzione del reato, ponendo in essere condotte finalizzate all’eliminazione delle conseguenze del reato, risarcendo il danno ed effettuando lavori di pubblica utilità.
La messa alla prova dell’imputato puo’ essere concessa solo ove il giudice ritenga possibile formulare una prognosi favorevole circa la futura astensione da parte dell’imputato dalla commissione di ulteriori reati e ancor prima non vi siano elementi per una pronuncia di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 del codice di procedura penale (art. 464-quater, comma 3 del codice di procedura penale).
Trattandosi nel caso di specie di giudizio conseguente all’arresto in flagranza – arresto che è stato convalidato, in quanto sono stati ritenuti sussistenti i gravi indizi di colpevolezza a carico dell’arrestato come emergenti dal verbale di arresto e dagli atti allegati allo stesso -, una prima condizione è soddisfatta, non essendovi elementi che consentano di ritenere infondata la contestazione del p.m. o che comportino una sentenza di proscioglimento per improcedibilità dell’azione o di estinzione del reato.
Quanto all’ulteriore condizione, ovvero che sia possibile formulare un giudizio prognostico nel senso che l’imputato non commetterà altri reati, si osserva che quella contestata all’imputato costituisce la prima violazione dei precetti penali, non essendo egli mai stato ne’ segnalato né indagato ne’ tantomeno condannato per altri reati, inoltre, la sua giovane età e il contegno serbato in udienza di convalida dell’arresto – in sede di interrogatorio, ha confessato il fatto e manifestato non solo a parole ma anche piangendo il proprio rammarico e il pentimento – consentono ancor più di ritenere improbabile che l’imputato commetterà altri fatti delittuosi.
Anche tale presupposto, dunque, puo’ dirsi sussistente nel caso di specie.
La recente modifica intervenuta sul quinto comma dell’art. 73 decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 (di cui all’art. 4, comma terzo, decreto-legge 20 marzo 2023, n. 123, convertito dalla legge 13 novembre 2023, n. 159), che ha innalzato il limite massimo di pena previsto per detta ipotesi delittuosa – portandolo da quattro anni di reclusione a cinque anni -, tuttavia, impedisce all’imputato di accedere all’istituto della messa alla prova, in quanto l’art. 168-bis del codice penale lo consente per i soli reati punti con «pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria» oppure «per i delitti indicati dal comma 2 dell’art. 550 del codice di procedura penale» ovvero per i delitti per i quali e’ prevista la citazione diretta a giudizio da parte del p.m.
Ebbene, l’innalzamento del massimo edittale previsto per la violazione dell’art. 73, comma quinto, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990 ha comportato la conseguenza che il delitto de quo è sfuggito all’ambito di applicazione dell’istituto della messa alla prova …
Per questi motivi, il tribunale, visti gli articoli 134 della Costituzione e 23 seguenti, legge 11 marzo 1953, n. 87, ha sollevato questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli articoli 168 -bis del Codice penale, 550 del codice di procedura penale e 73, comma quinto, decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, per violazione degli articoli 3 e 27, comma terzo della Costituzione e disposto l’immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, con sospensione del giudizio in corso.
