Rinnovazione istruttoria a seguito del mutamento del giudice: non è un diritto assoluto della difesa, neanche se si tratta di cogliere segnali extra-verbali (Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 2^, sentenza n. 8934/2024, udienza del 3 novembre 2023, ha ribadito che al mutamento del giudice non segue un diritto assoluto delle parti alla rinnovazione dell’istruttoria, neanche se questa sia finalizzata a consentire al giudice subentrante di cogliere i segnali extra-verbali dei testimoni.

Decisione impugnata

ON è stato condannato con “doppia conforme” (tribunale di Roma 11 marzo 2021 – Corte di appello di Roma 18 novembre 2022) per tre episodi di detenzione per la vendita di borse con vari marchi contraffatti nonché di ricettazione del materiale stesso alla pena di due mesi di reclusione e C 200,00 di multa.

Ricorso per cassazione

Per ciò che qui interessa, il difensore dell’imputato ha presentato ricorso per cassazione lamentando la mancata rinnovazione dell’attività istruttoria a seguito del ripetuto mutamento del giudicante, nonostante l’opposizione all’utilizzo dei verbali delle dichiarazioni rese da parte della difesa dell’imputato.  A suo modo di vedere, l’interpretazione fornita nella sentenza si pone in conflitto con i principi sanciti dalla previsione costituzionale di tal che risulta necessario sollevare questione di costituzionalità dell’articolo 525 comma 2 c.p.p.

Decisione della Corte di cassazione

Il ricorso è inammissibile poiché fondato su un motivo manifestamente infondato.

Esso parte dalla premessa dell’incondizionato diritto alla rinnovazione istruttoria in tutti i casi in cui vi sia mutamento del giudice, che risulta perciò diverso da quello che abbia svolto (anche solo una parte dell’attività istruttoria, e vi sia opposizione del difensore (come verificatosi in questo caso) all’utilizzo delle prove dichiarative già assunte.

In realtà, lo stato della giurisprudenza non consente tale soluzione poiché l’interpretazione delle disposizioni in materia si è venuta progressivamente affinando in modo tale da rendere compatibile il rispetto dei principi di oralità e di immediatezza con gli altrettanto meritevoli principi di ragionevole durata del processo e di effettività al fine di evitare cha la doverosa tutela di un diritto scada in un vuoto formalismo. E proprio per tutelare quest’ultima esigenza, tanto la sentenza Bajrami -citata sia dalla difesa che dai giudici di merito- che successive pronunce (tra cui Sez. 3, n. 42604 del 20/09/2022 Rv. 283704 – 01) richiedono, come condizione minima per porre il tema della rinnovazione istruttoria su basi idonee a porre il giudice in condizione di effettuare una ragionata decisione, che vengano enunciate le ragioni che rendano necessaria la ripetizione dell’incombente istruttorio. Altrimenti esso rischierebbe di risolversi nella sterile riproduzione di un meccanismo di acquisizione della prova testimoniale priva di reale significato, con buona pace della funzione che l’oralità e la immediatezza dovrebbero assicurare, secondo quanto indicato dal difensore, vale a dire la possibilità per il giudicante di percepire le espressioni extra-verbali del testimone.

Nel ricorso la difesa contesta la tenuta costituzionale dell’interpretazione fornita dalla stessa sentenza Bajrami (Sez. U, n. 41736 del 30/05/2019 Rv. 276754 – 01) che sarebbe pervenuta in sostanza ad una lettura ‘abrogante’ che sminuisce la rilevanza della immediatezza, sancita anche a livello convenzionale europeo, “nella misura in cui inserisce un vaglio discrezionale del giudice rispetto alla reiterazione della prova prevista fisiologicamente dalla norma a garanzia dell’immediatezza e a pena di nullità assoluta“. Interpretata secondo la Bajrami, la norma “si caratterizza per una palese incompetenza… realizzando essa stessa un bilanciamento tra diversi valori costituzionali che non spetta al giudice ma esclusivamente al Parlamento … e si palesa incostituzionale per violazione dei principi di oralità ed immediatezza“.

Secondo il difensore, in sostanza, i principi di oralità ed immediatezza (che vengono unificati ma che concettualmente sono distinti) hanno un tale rilievo costituzionale da essere posti al di sopra di ogni altra considerazione (anche di livello costituzionale, come ad esempio quello della ragionevole durata del processo) e da richiedere una applicazione indefettibile.

In realtà, siffatta prospettazione non ha una base costituzionale univoca.

Le deroghe al principio di oralità sono molteplici, a cominciare dal giudizio abbreviato per passare a tutto il regime delle acquisizioni documentali e delle letture ‘sostitutive’, come previste dagli art. 431, comma 2, e 512 e seguenti cod. proc. pen.

Anche con riferimento al principio di immediatezza, è la stessa sentenza della Corte costituzionale alla quale la difesa dell’imputato fa riferimento (la 205 del 2010) a sancire che “la regola del riesame del dichiarante, in presenza di una richiesta di parte costituisce uno dei profili del diritto alla prova, strumento necessario del diritto di azione e di difesa“.

Per quanto ora interessa, è proprio l’inciso utilizzato dalla Corte costituzionale a contenere il messaggio qui rilevante. Se è prevista la richiesta di parte alla rinnovazione (ma lo stesso vale nell’ipotesi opposta, che vi sia il consenso alla lettura ad opera della parte) ciò significa che le pur meritevoli esigenze dell’immediatezza (la possibilità per il giudice di cogliere le espressioni extra-verbali del testimone) non possono essere assolutizzate. Infatti, se esse fossero assolute ed inderogabili, non vi sarebbe alcuna possibilità per le parti di derogarvi, nemmeno fornendo il consenso alla lettura dei relativi verbali, come invece pacificamente ammesso. Né, per la stessa logica e per la tutela delle stesse esigenze di ragionevolezza, la prestazione del consenso, ovvero il suo rifiuto, possono essere affidate all’arbitrio della parte ma debbono essere il frutto di una scelta ponderata e, soprattutto, motivata. Il diritto di difesa, inserito nella più ampio disegno della attuazione della giustizia, non consente arbitri e non prevede la possibilità di scelte ‘dispettose’ o di espedienti difensivi diretti al pregiudizio del processo senza che vi sia un reale vantaggio per il diritto da tutelare che è il diritto all’integrità della prova e non alla rinnovazione immotivata.

Nel caso concreto, la difesa dell’imputato non ha mai spiegato quali fossero le ragioni che rendessero necessaria la rinnovazione.

All’udienza del 15 novembre 2019 il difensore si è limitato a formulare l’opposizione alla lettura, pur a fronte dell’esplicito riferimento da parte del giudice procedente alla sentenza delle Sezioni unite ‘Bajrami’; negli atti successivi (appello, memoria, ricorso per cassazione) la difesa si è limitata a ribadire la assolutezza del principio di immediatezza e del diritto che pretendeva di derivarne, senza affatto argomentare nel merito. Non ha illustrato ad esempio, che di fronte all’esito dubbio della prova o di fronte ad un controinterrogatorio tormentato fosse necessaria la rinnovazione. Al contrario, non ha mai contestato il dato probatorio, né ha mai allegato prove in senso contrario a quelle offerta dalla parte pubblica (circostanza pure evidenziata nel provvedimento reso a verbale). A ciò si aggiunge che le circostanze sulle quali i testimoni hanno deposto sono di estrema semplicità, riducendosi in sostanza nella menzione della presenza dell’imputato con mercanzia falsa nel territorio della Capitale in occasione degli episodi menzionati nell’imputazione e nella verifica della falsità dei prodotti.

Sulla questione di costituzionalità formulata dall’imputato in via subordinata: come detto in premessa, è la stessa giurisprudenza di costituzionalità (Corte costituzionale, sentenza n. 205/2010) ad indicare la necessità di una richiesta di parte o comunque di un meccanismo che, attraverso l’espressione del consenso, esplicito o implicito, ponga il giudice nella condizione di formulare una valutazione sulla effettiva necessità della riassunzione testimoniale; la prospettazione difensiva, che si pone in conflitto radicale con tale inquadramento concettuale, è per ciò solo manifestamente infondata.