La Cassazione sezione 4 con la sentenza numero 32977/2024 si è soffermata sui poteri del giudice dell’udienza predibattimentale in ordine alla esattezza della contestazione.
La Suprema Corte ha ricordato che l’art. 554-bis, recentemente introdotto dal d. lgs. n. 150/2022, ha inserito l’udienza predibattimentale nei procedimenti di competenza del giudice monocratico per i reati a citazione diretta, affidando al giudice il compito di verificare la correttezza dell’imputazione.
L’art. 554-bis cod. proc. pen. attribuisce al giudice dell’udienza predibattimentale una funzione di controllo sulla esattezza della contestazione – sotto il duplice profilo, indicato nei criteri di delega, della completa descrizione del fatto e della corretta qualificazione giuridica – al fine di consentire l’immediata definizione del suo contenuto.
La norma citata stabilisce, al comma 5, che il giudice, ove ravvisi un’incompletezza dell’imputazione, anche d’ufficio, sentite le parti, invita il pubblico ministero a riformularla in modo corretto.
Nel caso in cui il pubblico ministero non proceda a quanto disposto dal giudice, questi dichiara con ordinanza la nullità dell’imputazione e dispone la restituzione degli atti al rappresentante della pubblica accusa.
Come condivisibilmente osservato nei primi commenti, l’art. 554-bis, comma 5, si riferisce alle ipotesi di nullità della contestazione con riferimento all’ipotesi prevista all’art. 552, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., secondo cui nel decreto di citazione a giudizio devono essere enunciati, in forma chiara e precisa, il fatto, le circostanze aggravanti e quelle che possono comportare l’applicazione di misure di sicurezza, con l’indicazione degli articoli di legge che si assumono violati.
Si tratta, all’evidenza, di assicurare all’imputato le complete garanzie difensive, come imposto dall’ art. 111 Cost. e dall’art. 6, comma 3, lett. a) CEDU, in forza del quale “ogni accusato ha diritto soprattutto ad essere informato, nel più breve tempo possibile, in una lingua a lui comprensibile e in modo dettagliato, della natura e dei motivi dell’accusa elevata a suo carico“.
Va inoltre ricordato che, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, integrano nullità la genericità e l’indeterminatezza degli elementi descrittivi del fatto, inteso essenzialmente come fatto storico – naturalistico, mentre non ha effetti invalidanti l’erronea indicazione dei soli riferimenti normativi.
Anteriormente alle modifiche introdotte con il d.lgs. n.150/2022, per i procedimenti a citazione diretta il rilievo del vizio comportava la restituzione degli atti al pubblico ministero perché provvedesse ad emendarlo, con evidente potenziale allungamento dei tempi del processo.
Con l’introduzione dell’udienza filtro, si instaura, anche per i reati a citazione diretta, un meccanismo di verifica della correttezza della contestazione analogo a quello previsto per i procedimenti con udienza preliminare, con affidamento al giudice dei medesimi poteri di impulso, così come delineati dalle Sezioni unite penali (Sez. U, n. 5307 del 20/12/2007 Cc. (dep. 01/02/2008), PM in proc. Battistella, Rv. 238239 – 01, secondo cui è rituale il provvedimento con cui il medesimo giudice, dopo aver sollecitato il pubblico ministero nel corso dell’udienza preliminare ad integrare l’atto imputativo senza che quest’ultimo abbia adempiuto al dovere di provvedervi, determini la regressione del procedimento onde consentire il nuovo esercizio dell’azione penale in modo aderente alle effettive risultanze d’indagine).
Una ulteriore verifica della correttezza della contestazione è poi prevista al successivo sesto comma dell’art. 554 bis cod. proc. pen., secondo cui “ al fine di consentire che il fatto, la definizione giuridica, le circostanze aggravanti e quelle che possono comportare una misura di sicurezza siano indicati in termini corrispondenti a quanto emerso dagli atti, il giudice, anche d’ufficio, sentite le parti, invita il pubblico ministero ad apportare le necessarie modifiche e, ove lo stesso non vi provveda dispone, con ordinanza, la restituzione degli atti al pubblico ministero“.
La disposizione di nuovo conio, pur senza prevedere espressamente ipotesi di nullità, introduce il riferimento alla adeguatezza della definizione giuridica, a tutela del diritto dell’imputato ad essere tempestivamente e dettagliatamente informato non solo dei fatti materiali posti a suo carico, ma anche della qualificazione giuridica ad essi attribuita, diritto affermato, a livello sovranazionale, dalla Corte EDU ( sentenza 11/12/2007, Drassich c. Italia, in cui, come noto, a seguito della riqualificazione del fatto contestato in corruzione in atti giudiziari, la CEDU ha dichiarato la violazione dell’art. 6 perché l’imputato non ne era stato informato).
La previsione di cui all’art. 554 bis, comma 6, cod. proc. pen. introduce nel sistema processuale poteri di impulso del giudice al pubblico ministero anche nel caso di errata qualificazione giuridica del fatto.
La citata previsione mira ad evitare che si arrivi in una fase avanzata dell’istruttoria o addirittura in sede di decisione alla modifica della qualificazione giuridica, con possibile inutile allungamento dei tempi processuali, consentendo invece l’instaurazione di un contraddittorio immediato sui profili giuridici del fatto contestato.
Si offre così all’imputato l’immediata possibilità di difendersi, evitando che l’individuazione del titolo di reato più corretto avvenga solo al momento della deliberazione della sentenza o nel corso del giudizio. In tal modo chi è sottoposto a procedimento penale può adeguare al meglio le strategie difensive, anche valutando la opportunità di accedere a riti alternativi.
La ratio della citata disposizione è quindi quella di agevolare una riduzione dei tempi processuali e, più in generale, di consentire effetti deflattivi.
