Cassazione penale, Sez. 4^, sentenza n. 639/2024, udienza del 29 novembre 2023, ha chiarito che i verbali di identificazione fotografica non possono trovare ingresso nel fascicolo del dibattimento neanche all’esito del meccanismo delle contestazioni (Sez. 5, n.8423 del 16/10/2013, dep.2014, RV. 258944; Sez. 5, n. 57420 del 28/06/2018, Rv. 275337); fermo restando che l’esame testimoniale ben può svolgersi anche sulle modalità della pregressa individuazione al fine di procedere ad una valutazione globale di chi rende la dichiarazione (Sez. 2, n. 16204 del 11/03/2004, RV. 228777); ciò in quanto l’individuazione di un soggetto – sia personale che fotografica – è una manifestazione riproduttiva di una percezione visiva e rappresenta una specie del più generale concetto di dichiarazione; pertanto, la sua forza probatoria non discende dalle modalità formali del riconoscimento, bensì dal valore della dichiarazione confermativa, alla stessa stregua della deposizione testimoniale (Sez. 6, n. 6582/08 del 5/12/2007, RV. 239416).
Orientamento giurisprudenziale cui si riconnette quello, pure adombrato dalla difesa nella propria prospettazione, in forza del quale il riconoscimento fotografico che sia effettuato nel corso delle indagini preliminari senza essere reiterato o confermato nel dibattimento deve ritenersi inutilizzabile, alla luce dell’inequivoco contenuto delle disposizioni degli artt. 431, 500, 511 e 512 cod. proc. pen., lette congiuntamente, e che osta ad esegesi che conducano a ritenere utilizzabili a fini di prova, al di là delle eccezioni tassativamente stabilite dal codice di rito, dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari al di fuori del contraddittorio delle parti e, dunque, in contrasto con quanto previsto dall’art. 111 Cost. (Sez. F, n. 43285 del 08/08/2019, Rv. 277471).
D’altra parte, a tale lettura giurisprudenziale, deve ritenersi direttamente connessa quella in base alla quale il riconoscimento fotografico effettuato nella fase delle indagini preliminari, non reiterato o non confermato nel corso del dibattimento, può essere ritenuto utilizzabile a fini probatori soltanto nel caso in cui, in applicazione della disciplina prevista per le contestazioni dall’art. 500, comma 4, cod. proc. pen., risulti da elementi concreti che il testimone sia stato sottoposto a violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro o di altra utilità con la finalità di condizionare l’esito dell’atto ricognitivo (Sez. F, sentenza n. 43285 del 22/10/2019, Rv. 277471, sopra citata; Sez. 2, n. 10249 del 03/02/2021, Rv. 280772).
Sulla base delle predette considerazioni in punto di inutilizzabilità dei verbali di identificazione fotografica e della eccezionalità della acquisizione dei verbali medesimi al fascicolo del dibattimento, deve ritenersi che – sulla base di censura già proposta al giudice di appello e da questi rigettata – il modus operandi seguito dal giudice di primo grado non sia stato conforme ai principi processuali di riferimento. Difatti, in primo luogo, deve ritenersi del tutto irrituale l’acquisizione di un atto di indagine – non utilizzabile e formatosi al di fuori del contraddittorio delle parti – mediante gli specifici poteri officiosi conferiti dall’art. 507 cod. proc. pen.; attraverso i quali deve essere del tutto escluso che il giudice possa dare ingresso a una prova affetta da inutilizzabilità (Sez. 1, n. 27879 del 12/03/2014, Rv. 260249).
D’altra parte, tale irrituale acquisizione si riverbera – in accoglimento della relativa prospettazione difensiva – anche in punto di congruità del complessivo ragionamento probatorio seguito dai giudici di merito e con specifico riferimento alla valutazione delle dichiarazioni dei testi M. e F., in relazione all’ulteriore escussione disposta ai sensi dell’art.507 cod. proc. pen. Sul punto – in riferimento ad altra argomentazione difensiva – va rilevato che tale potere d’ufficio è esercitabile anche con riferimento al nuovo esame di un testimone già sentito, purché su circostanze diverse da quelle già oggetto di prova, poiché il requisito della “novità” si riferisce sia ai mezzi di prova non introdotti precedentemente, sia a quelli provenienti da fonti probatorie già esaminate ma su circostanze e contenuti differenti (Sez. 2, n. 54274 del 04/10/2016, Rv. 268857); come avvenuto nel caso di specie, in cui i testimoni sono stati chiamati a rispondere sulla circostanza, non oggetto della precedente deposizione, relativa alle modalità dell’individuazione operata nel corso delle indagini preliminari.
Peraltro, nel caso di specie, dal complessivo ragionamento probatorio seguito dai giudici di merito, si evince che l’affermazione di responsabilità dell’odierno imputato è stata fondata in modo esclusivo sul verbale dli individuazione fotografica redatto in sede di indagini preliminari – in riferimento alla dichiarazione dei testi che in sede dibattimentale hanno esclusivamente confermato di avere operato tale riconoscimento subito dopo la verificazione dei fatti – ponendosi quindi in contrasto con i suddetti principi in punto di limiti all’utilizzabilità dell’individuazione fotografica ai fini dell’affermazione di penale responsabilità.
Ne consegue – con logico assorbimento dell’esame degli ulteriori motivi di ricorso – che la sentenza impugnata appare affetta dal denunciato vizio di violazione di legge processuale.
Per l’effetto, la stessa deve essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello per nuovo esame.
