Secondo Cassazione penale, Sez. 1^, sentenza n. 27416/024, udienza del 14 giugno 2024, nella ipotesi di c.d. “overturning” sfavorevole, non è necessaria la rinnovazione dell’istruttoria nel giudizio abbreviato c.d. “secco”, come d’altra parte stabilito espressamente dall’art. 603 cod. proc. pen., come riformulato dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150.
La decisione riepiloga la successione delle fonti normative e giurisprudenziali che hanno disciplinato la materia.
Al riguardo deve ricordarsi che la giurisprudenza della Suprema Corte, prima della novella legislativa del 2017 (legge n. 103 del 23 giugno) di fatto recettiva della elaborazione interpretativa, aveva affermato il principio secondo cui è affetta da vizio di motivazione, per mancato rispetto del canone di giudizio “al di là di ogni ragionevole dubbio”, la sentenza di appello che, su impugnazione del PM, affermi la responsabilità dell’imputato, in riforma di una sentenza assolutoria emessa all’esito di un giudizio abbreviato non condizionato, operando una diversa valutazione di prove dichiarative ritenute decisive, senza che nel giudizio di appello si sia proceduto all’esame delle persone che abbiano reso tali dichiarazioni (Sez. U, n. 18620 del 19/01/2017, Patalano, Rv. 269785).
L’arresto è stato, tuttavia, notoriamente superato dalla stessa giurisprudenza convenzionale la quale, con la sentenza CEDU del 25 marzo 2021, Di Martino e Molinari c. Italia (ricorsi riuniti nn. 15931/15 e 16459/15), ha stabilito che nel caso portato alla sua attenzione il giudice d’appello non fosse tenuto alla rinnovazione della testimonianza di tre collaboratori di giustizia, che erano stati sentiti in qualità di persone in grado di riferire circostanze utili ai fini delle indagini, evidenziando che, attraverso la richiesta di instaurazione del rito, i ricorrenti, assistiti dai loro difensori, avevano accettato di difendersi sulla base degli atti contenuti nel fascicolo delle indagini preliminari, di cui avevano avuto conoscenza, rinunciando senza equivoci al diritto di ottenere l’audizione dei testimoni, compresi quelli di cui avevano poi lamentato il mancato esame nel giudizio d’appello.
È comunque significativa la circostanza che l’attuale versione dell’art. 603, comma 3-bis, come modificato dall’art. 34, comma 1, lett. i), n. 1 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 abbia specificato che il principio della generalizzata necessità di rinnovare l’istruttoria dibattimentale in caso di riforma in peius di una sentenza di proscioglimento ‘per motivi attinenti alla valutazione della prova dichiarativa’ trova applicazione nei casi di prove dichiarative assunte in udienza nel corso del giudizio dibattimentale di primo grado ed all’esito di integrazione probatoria disposta nel giudizio abbreviato a norma degli articoli 438, comma 5 e 541, comma 3, cod. proc. pen. e non dunque nel caso di giudizio abbreviato cd. ‘secco’, come quello svoltosi nel primo grado del presente procedimento.
È ovvio che la modifica ora indicata trova applicazione solo a partire dal 30 dicembre 2022, come stabilito dall’art. 6 del decreto-legge 31 ottobre 2022 n. 162 convertito nella legge la legge di conversione 30 dicembre 2022, n. 199, laddove al momento della celebrazione del processo di secondo grado era l’evoluzione giurisprudenziale nazionale e convenzionale a fungere da parametro interpretativo di riferimento, ma del pari non v’è dubbio che la citata modifica costituisca la traduzione normativa di un orientamento ermeneutico già affermatosi in precedenza.
Deve aggiungersi che la ricordata sentenza Corte EDU del 25 marzo 2021, Di Martino e Molinari c. Italia pone come ulteriore condizione per la legittimità di una pronuncia peggiorativa della sentenza di proscioglimento l’obbligo di rinnovazione istruttoria quando la testimonianza assunta in primo grado sia stata decisiva ai fini della pronuncia. L’obbligo, tuttavia, vale soltanto quando il testimone o i testimoni non riascoltati in sede di appello siano stati escussi in primo grado dal giudice in virtù dei suoi poteri istruttori e quindi solo in caso di giudizio abbreviato con integrazione probatoria officiosa, mentre nel caso in esame è pacifico che il giudizio di primo grado si è svolto nelle forme del giudizio abbreviato c.d. ‘secco’ con la conseguente esclusione della necessità della rinnovazione istruttoria (Sez. 6^, sentenza n. 11490 del 27/01/2023, Rv. 284569 – 01, resa in materia di estradizione).
Ciò nonostante, nel caso in esame la Corte di assise di appello ha comunque proceduto alla rinnovazione dell’istruttoria mediante l’esame in dibattimento dei collaboratori di giustizia appresso indicati.
Premesso quanto sopra. si osserva che l’ odierno ricorrente era stato assolto in primo grado e ineludibile risultava, dunque, il rispetto dell’insegnamento, per cui, in tale caso, la sentenza di condanna resa in appello deve confutare specificamente – pena altrimenti la violazione del canone di giudizio dell’oltre ogni ragionevole dubbio, e il correlato vizio di motivazione – le ragioni poste dal primo giudice a sostegno della decisione liberatoria, dimostrando puntualmente l’insostenibilità sul piano logico e giuridico degli argomenti rilevanti in essa contenuti, anche avuto riguardo ai contributi eventualmente offerti dalla difesa nel giudizio di appello.
Deve quindi corredarsi di una motivazione che, sovrapponendosi pienamente a quella della decisione riformata, dia ragione delle scelte operate e della maggiore considerazione accordata ad elementi di prova diversi o diversamente valutati (Sez. 5, n. 42033 del 17/10/2008, Rv. 242330- 01; Sez. 6, n. 6221 del 20/04/2005, dep. 2006, Rv. 233083-01; Sez. 4, n. 7630 del 29/11/2004, dep. 2005, Rv. 231136-01).
In sostanza, il giudice di appello, che riformi totalmente la decisione di primo grado, ha l’obbligo di delineare le linee portanti del proprio, alternativo, ragionamento probatorio, e di confutare specificamente i più rilevanti argomenti della motivazione della prima sentenza, dando conto delle ragioni della relativa incompletezza o incoerenza, non potendo limitarsi ad imporre la propria valutazione del compendio probatorio solo perché in tesi preferibile a quella coltivata nel provvedimento impugnato (Sez. 6, n. 10130 del 20/01/2015, Rv. 262907-01; Sez. 2, n. 50643 del 18/11/2014, Rv. 261327-01; Sez. 6, n. 39911 del 04/06/2014, Rv. 261589-01; Sez. 6, n. 1253 del 28/11/2013, dep. 2014, Rv. 258005-01; Sez. 6, n. 46742 del 08/10/2013, Rv. 257332-01; Sez. 5, n. 8361 del 17/01/2013, Rv. 254638- 01).
