Peculato: configurabilità in caso di ritardo nell’adempimento dell’obbligazione pecuniaria gravante sul privato concessionario che riscuote somme per conto della P.A. (Riccardo Radi)

La Cassazione sezione 6 con la sentenza n. 30590/2024 ha esaminato la questione che attiene alla possibilità di considerare il ritardo nell’adempimento dell’obbligazione pecuniaria gravante sul privato concessionario che riscuote somme per conto della p.a. quale atto di interversione del possesso sufficiente ai fini della configurabilità del reato di peculato.

Ricordiamo che la soluzione della questione è strettamente legata alle circostanze di fatto emerse nel corso dell’istruttoria del caso in esame.

In linea generale, secondo la giurisprudenza della Suprema Corte, anche a Sezioni unite, il peculato si consuma nel momento in cui ha luogo l’appropriazione della “res” o del danaro da parte dell’agente, la quale, anche quando non arreca, per qualsiasi motivo, danno patrimoniale alla p.a., è comunque lesiva dell’ulteriore interesse tutelato dall’art. 314 cod. pen. che si identifica nella legalità, imparzialità e buon andamento del suo operato (cfr. Sez. U, n. 38691 del 25/06/2009, Caruso, Rv. 244190 relativa a fattispecie nella quale il ricorrente, concessionario di un pubblico servizio, aveva sostenuto di aver trattenuto le somme incassate per conto dell’ente, per soddisfare un proprio diritto di credito, vantato nei confronti di quest’ultimo, ricorrendo a una sorta di autoliquidazione).

Tale principio è stato successivamente affinato proprio con riferimento alle condotte di mero ritardo nel versamento del denaro riscosso dal privato per conto di un ente pubblico.

Si è, infatti, affermato che il solo ritardo, pur rilevante sul piano civilistico e nei rapporti interni con l’ente, assume una rilevanza penale, allorché ad esso possa attribuirsi, sulla base delle circostanze del caso concreto, il valore di atto di interversione del titolo del possesso rilevante ai fini della configurabilità del delitto di peculato (Sez. 6, n. 16786 del 02/02/2021, Rv. 281335 – 02 relativa a fattispecie di tardivo versamento da parte del notaio dell’imposta sostitutiva di cui alla legge n. 266 del 2005).

In particolare, Sez. 6, n. 5233 del 19/11/2019, dep. 2020, Rv. 278708, pronunciandosi in una fattispecie analoga a quella per cui si procede, ha affermato che l’appropriazione del denaro, riscosso dal privato per conto di un ente pubblico, si realizza non già per effetto del mero ritardo nel versamento, bensì allorquando si realizza la certa interversione del titolo del possesso.

La condotta appropriativa non coincide, dunque, automaticamente con lo spirare del termine previsto per il pagamento, sia esso “fisiologico” o conseguente all’intimazione che l’amministrazione è tenuta ad inviare al concessionario sotto la comminatoria della decadenza dalla concessione, ma va accertata caso per caso sulla base dell’attenta considerazione delle circostanze di fatto sintomatiche della volontà dell’agente di comportarsi uti dominus.

A titolo meramente esemplificativo, il ritardo può assumere una valenza appropriativa ove sia connotato dalle seguenti ulteriori circostanze fattuali:

a) la protrazione della sottrazione della “res” alla disponibilità dell’ente pubblico per un lasso temporale ragionevolmente apprezzabile (cfr., con riferimento al ritardato versamento, da parte del concessionario del servizio di ricevitoria del lotto, delle giocate riscosse per conto dell’Azienda Autonoma Monopoli di Stato, Sez. 6, n. 31167 del 13/04/2023, Rv. 285082; Sez. 6, n. 38339 del 29/09/2022, Rv. 283940);

b) l’omesso versamento del denaro su conti corrente “dedicati” (Sez. 6, n. 5233 del 19/11/2019, dep. 2020, Rv. 278708);

c) l’impiego del denaro riscosso per finalità di carattere privato.

Venendo all’esame della fattispecie concreta, rileva la cassazione che dalla sentenza impugnata risulta che la ricorrente ha integralmente pagato quanto dovuto 1’11 aprile 2019 a seguito della intimazione di pagamento del 22 marzo 2019.

Dalla sentenza di primo grado risulta, inoltre, che gli insoluti sono avvenuti nelle settimane dal 16 gennaio 2019 al 22 gennaio 2019 e dal 5 marzo 2019 al 12 marzo 2019.

Applicando, dunque, le coordinate ermeneutiche sopra esposte, ritiene la Suprema Corte che, in considerazione del breve lasso temporale in cui si è protratto l’inadempimento della ricorrente, dell’integrale versamento di quanto dovuto a distanza di meno di quindici giorni dalla intimazione di pagamento e della mancata individuazione da parte dei giudici di merito di condotte sintomatiche della valenza appropriativa del ritardo contestato alla ricorrente, deve escludersi che nella fattispecie in esame tale condotta possa assumere rilevanza penale, non integrando gli estremi della appropriazione necessaria alla configurabilità del delitto di peculato.